martedì 14 novembre 2006

F R E D D A M E N T E



"Lentamente tra una pagina e l'altra di un libro qualunque ingannavo l'attesa gia' settembre poche voci distanti e un autunno distratto al di la' dei vetri quasi speravo che non arrivassi piu' quasi credevo che non mi mancassi eppure stavo aspettando..."

Va così...da giorni ormai. Va così.Un autunno dolciastro nella mia bocca. Sbatto i ricordi in una scatola di legno e quel fiore rosa mi urla in testa.

"credevo di sopportare la tua indifferenza cercando pretesti e rimedi inutili eri tu quel tasto dolente eri tu autunno dolciastro eri tu..."

Va così. E mi spiace così tanto...

lunedì 13 novembre 2006

2046




L'amore e i suoi paradossi, i suoi tempi sbagliati, un rincorrere/rincorrersi, un perdere/perdersi che restituisce all'amore la sua vera dimensione, quella del sogno, del rimpianto, dell'impossibilità di essere consumato. L'amore vero è sempre quello perduto, o mai vissuto. Ed è per questo che da 2046 non si torna, perché lì nulla cambia. Le ferite non si chiudono e dopo la prima volta, non c'è la seconda, ma solo cloni insignificanti della prima volta, ed è così per sempre. 2046 è un non-luogo dove proiettare in eterno i fantasmi del passato, il luogo dell'eterno ritorno...
"Quelle note, quelle note.. sono le nostre note.
Oggi, domani, per sempre stringo la tua mano.
Quando non capiranno, quando non capirai, quando non capirò..
E' ancora la mia mano a ricordarti chi siamo.
Vite straordinariamente rovinate.
Il dolore più dilaniante, l'assenza più sconcertante, il rimpianto più grande.
Ma hai la mia mano.
Non sarà mai eppure è per sempre.
Guardo il cielo, ogni tanto ha il colore dei tuoi occhi, sempre me ne regala la profondità".
Fede

martedì 7 novembre 2006

Passi come sale sugli occhi


"Perché sei e sempre sarai.
Per l’amore e per il blu,
per le storie e per le lacrime
le facce, il mare, l’oceano.
Per il tuo Oceanomare.
Per Baricco e Tabucchi.
Per La tua fretta.
I treni, le mani, ed i fiori rosa.
Venere e quel passaggio con i violini."

Capita che arriva un messaggio e ti dice le cose come stanno. Resti quasi imbecille. E lo rileggi. Provi ad immaginare un perché, logico e plausibile. E ti viene l’odio.
Tutto così. Non una voce, non una lettera, una di quelle che mi hai sempre scritto e vomitato addosso in tutti questi anni. Un fottuto messaggio che sa di beffa. “sai ho saputo che lei…”. E ti viene l’odio. Credimi. Ti immerge.
Ed ero pronto a non farne parola con nessuno, perché sai, è pur sempre cosa tua, ed io messere inetto pronto ad ingoiare un’altra mancanza, un’altra tua girata di spalle. E si ti viene l’odio, mia cara, perché alla fine non te lo aspetti. E quel novembre che è ottobre, che è fine mese, che è adesso, che è stato quando ero presente. E si, mia cara, ti senti mortificato del tuo non fare, del tuo cercare di dimenticare, quell’atteggiamento di scredito totale, e non succede altro che soccombere all’odio. E adesso si che si può. Lasciar perdere il tutto, il resto. E cagare quelle facce di merda che avranno, inebetiti, sorriso di un qualcosa che neppure lontanamente potevano capire. Mi hai tradito sul rush finale. E abbiamo perso. Io perché secondo. Tu perché squalificata.
E ti eclissa un odio. E penso a tutto. Dimmi dei libri. Ed ero li a parlarti di Seneca e Platone. Passaggi e riflessioni. Dimmi della vertigine. E cadevo nel riflesso. Ho bisogno di qualcuno. Sarei venuto in qualsiasi modo, qualsiasi momento. E alla fine quasi mi sento nuovo. Prendo aria. E la nuova luce ti rende stupida e volgare. Volgare per aver imbrattato il tuo quadro, quello di sangue, di anima e musica. Non hai più arte. Il maestro lo aveva notato. Ho maledetto il maestro, il poeta, il fingitore di sempre, l’ho maledetto per te. Ma fanculo. Quanto tempo. Quante lacrime. Non lo farò per te in seguito. Prometto e sigillo.
In prossima vita adesso sono io a dirlo.
Non cercarmi. Non lo fare più.
Passi come sale sugli occhi.


lunedì 30 ottobre 2006

Il poeta è un fingitore

Finge così completamente

che arriva a fingere che è dolore

il dolore che davvero sente.

Fernando Pessoa, Una sola moltitudine

domenica 29 ottobre 2006

Cuba tres jolie...


Ieri ho provato, in un chiaro stato mentale alterato, un sigaro.
In realtà non l'ho solo provato, me lo sono fumato tutto. Vabbè, ci sta. La mia lista delle 12450 cose che non ho mai avuto modo di fare ancora è stata spuntata di una tacca.
Il popolo tutto gioisce festante.
Per dovere di cronaca devo sottolineare la provenienza caraibica dello stesso. Un Fonseca servitomi come se si fosse trattato di un oggetto particolarmente prezioso ed invidiato. La cosa gradassa però è stato il rum Havana invecchiato di 14 anni portato come accompagnamento.
Devo dire mi sentivo molto Hemingway.L'atmosfera faceva troppo Cuba anni '30.
Detto questo, 2 piccoli accorgimenti utili per chi si appresta all'avventura:

1. Considerate che fumare un sigaro di dimensioni impensate lascerà nella vostra bocca un sapore di scarponi di alpino putrefatto per almeno le successive 24 ore (ed io da piccolo idiotes non lo sapevo...);
2. Sigaro Fonseca e rum Havana vi costano come due Boxer D&G della linea sport (ed anche questo...ahimè non lo sapevo...altrimenti...).


A proposito...fumare fa male. La mia era perversione.

giovedì 26 ottobre 2006

Orfeo

Se qualcuno lo ha visto passare...se qualcuno lo ha notato avvicinarsi con aria un pò così, se qualcuno ha ascoltato la sua voce chiamarmi...bhe, ecco...si faccia avanti.
...Penso passi da qui prima o poi...lo aveva promesso ed io sono qui in attesa. E si che è malato, e si che è ubriaco. Ma voglio andare con lui...alla luce del giorno.
Se qualcuno lo dovesse vedere...gli dica che io CREDO.
In lui.
Nelle sue mani.
Penso sia questo il momento. Lo sento addosso. "E' un caldo richiamo perchè ho bisogno di svegliarmi". Voglio ritornare alla vita.
RITORNO ALLA VITA.
Se qualcuno lo vede...gli dica che sono qui.

Ve ne prego...

giovedì 19 ottobre 2006

Incontri ravvicinati del IV tipo...


POCO FA UNO SCOIATTOLO, SULLA MIA TERRAZZA, MI GUARDAVA CON ARIA DI SFIDA!
SONO MOLTO STANCO!
MA COME CAZZO FA UNO SCOIATTOLO AD ARRIVARE AL NONO PIANO??
RIBADISCO:
SONO MOLTO STANCO!

lunedì 9 ottobre 2006

Please


LET ME.
KILL MYSELF.
LET ME.
KISS YOUR LIPS.
LET ME.
SUCK YOUR BLOOD.
PLEASE. LET ME. ADORE YOU.

domenica 8 ottobre 2006

Sempre di fronte...

Conoscere l’altro, banco di prova dello sguardo antropologico.
Ma se l’altro fosse radicalmente tale, senza alcuna somiglianza, analogia, coincidenza con il soggetto portatore dello sguardo, convenzionale detentore dell’identità, resterebbe definitivamente irraggiungibile nella sua alterità, monolite in conoscibile, impossibile interlocutore di un impossibile dialogo.
In effetti l’identico tende a ritrovare nell’altro, al di là delle puntuali differenze, i tratti che rinviano alla comune umanità e che consentono ad ambedue una reciproca conoscenza. Possiamo conoscere l’altro, in quanto egli è come noi; è una diversa, eppure analoga se non identica, formulazione di noi stessi.
L’antropologia rappresenta, in questa prospettiva, il nostro sforzo di ritrovarci nell’altro, di rifletterci in esso. Se ci rispecchiamo nell’altro per conoscerlo e conoscersi, l’antropologia si costituisce di fatto come ininterrotta, anche quando inconsapevole, autobiografia, frutto del nostro sforzo inesausto di comprenderci attraverso l’altro, di comprendere l’irripetibile paradigma di umanità che rappresentiamo per noi stessi, soggetto e oggetto di discorso, inizio e approdo di itinerari di conoscenza, che non potrebbero essere se uno dei due termini venisse a cadere. L’antropologia è a mio avviso, sempre e comunque autobiografia, ma questo non va inteso come celebrazione di un’impossibile autarchia, se non, addirittura, autismo.
Lo sguardo antropologico parte dal soggetto e a questi ritorna. Ma dopo un viaggio necessario in cui ha incontrato l’altro e si è impegnato profondamente a conoscerlo.
La conoscenza di sé, frutto della tensione antropologica, non è la stessa di quella che si avrebbe comunque, senza l’intenso lavorio di cui qui si discorre; è conoscenza arricchita di questo itinerario extra moenia, è conoscenza frutto del colloquio instaurato con l’alterità; è, integralmente e compiutamente, sapere, se sapere è “superare la resistenza dell’alterità”.
Ho detto dello sforzo di rifletterci nell’altro, del nostro specchiarci in lui.
Si delinea così il tema dell’antropologia come specchio. Ma l’antropologia consiste essenzialmente, come si è appena detto, in un’interrotta, anche se quasi sempre inconsapevole, autobiografia. Lo specchio allora rinvia ad un altro specchio, si riflette in esso e questo a sua volta rinvia le sue immagini al primo, che le restituisce in una sequela automolteplicantesi, perché non di uno specchio soltanto si tratta, ma di una pluralità di specchi e, quindi, di un’estesissima molteplicità di immagini.
L’antropologia, così, non è più soltanto lo “specchio dell’uomo”, ma una stanza degli specchi, che trasmette al singolo uomo una miriade di immagini, in un groviglio di sguardi incrociatesi, attraverso i quali gli uomini dicono il loro bisogno di non essere soli, la loro esigenza di un senso, purchessia, del loro esistere.
Victor Turner sottolineando che “riti, drammi e altri generi performativi sono spesso orchestrazioni di media, non espressioni di un unico medium”, polemizzano con alcuni strutturalisti che hanno sostenuto che “si emette lo stesso messaggio con codice media diversi per meglio sottolinearlo mediante la ridondanza. Lo stesso messaggio in media diversi è in realtà una serie di messaggi che variano leggermente l’uno dall’altro, poiché ogni medium aggiunge il proprio messaggio generico al messaggio che veicola”. Per Turner “il risultato è qualcosa di simile a una stanza degli specchi - specchi magici, ognuno dei quali riflette le immagini che gli giungono rimbalzando da uno specchio ad un altro.
Nel mio discorso, l’espressione stanza degli specchi, assume un significato più ampio, volendo comprendere con essa l’intero ambito antropologico, il suo interrogare interrogandosi, il suo inesausto tentativo di decodificare la molteplicità dei linguaggi, spesso criptici, che accompagna l’umana fatica di essere nel mondo senza restare schiacciati da una irrimediabile datiti.
Stanza degli specchi come luogo ideale nel quale, attraverso l’infinita rifrazione di parole e immagini si rendono possibili juxta propria principia – perché soltanto juxta propria principia sono possibili – le nostre strategie conoscitive, che realizzano un nostro costitutivo desiderio di conoscerci conoscendo. Rifrazione di parole e immagini attraverso la quale si dispiegano e si riflettono gli umani linguaggi e multiformi codici per intenderli.
Ma anche gli specchi non sono innocenti; ce lo ricordano fra gli altri Schnitzler. Il protagonista della sua Fuga nelle tenebre si reca nella stanza da bagno, che, lo si vedeva bene, solo per esigenze di tempi nuovi riconosciute a malincuore, da una qualche soffitta inutilizzata era stata adattata all’uso attuale. Una lampada giallastra nel soffitto diffondeva scarsa luce nello spazio senza finestre, e attraverso lo specchio bislungo, che pendeva ad una parete in una liscia, vecchia cornice dorata, andava dall’alto al basso un’incrinatura.
L’incrinatura segna, deformandolo, il nostro volto rispecchiatosi e il nostro tempo è insidiato dalla percezione che noi stessi, come ha visto un poeta cieco “siamo il nostro ricordo/ un museo immaginario di mutevoli forme/ specchi rotti in un mucchio”.
Luigi Maria Lombardi Satriani
La stanza degli specchi

venerdì 6 ottobre 2006

Week playlist...life playlist

One of these mornings. Esco, scappo, dalla metro. Provo ad andar dritto ma qualcosa ancora mi tiene legato, un senso, che non c’è, tutto il resto che mi attanaglia. But until that morning. Nuotando nell’aria. Si. Così. Voglio scappare così. Veder fino a quando,il senso, che non c’è, ancora sublima il resto, tutto il resto, che mi sblocca bile… e nera, e gialla. Lullaby. Honey, n-n-nothing's going to harm ya, No, no, no no, no no, no...Don't you cry — cry. E non riesco proprio. Un grammo di gioia nel tuo sorriso. Se tu sapessi LA pena. Non respiro. E non è nebbia ma fumo, denso, e si taglia e si soffoca. Cammino lungo una via che sembra già la stessa e vado alla ricerca del solito brivido di sempre, quel volo libero che io giuro, è stato e ancora risuona il senso, quel senso. Una lacrima. Solo una lacrima. Vederti piangere. Maledizione. E scende, la lacrima, nel mio camminare lungo una via che già odio di immenso. Madonna Janis accompagnami tu. Madonna Nico salvami tu. E mi sorreggono le braccia e sembro volare sopra il resto, tutto il resto. Cause everybody knows She's a femme (he’s a male) fatale The things she (he) does to please She's a femme (he’s a male) fatale She's (he’s) just a little tease (tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease tease) See the way she (he) walks Hear the way she (he) talks… E non si può. Ma è reale l’impotenza. Provo per poco ad immaginare le sue, le tue, le nostre parole. Non riesco proprio. Un limite, stavolta il mio. Mi sento semplicemente SOLO. Che è strano, si. Perché ancora non mi sono abituato. E dire che il mondo mi viene a coprire dal male che c’è, in me. E invece sanguino di luna e mare. Il mare. Bestemmio il suo nome in notti di pioggia. Solo perché non è alla mia portata. Alla mia mano. I want to walk Into the light Day has turned cold Hold back the night What will become Of you and I We had a dream Don't let it die Just hold back the night. Do you wanna be, wanna be My dying day My darkest hour My overdose. Can I be your OVERDOSE? Please. Continuo a muovermi sorretto in qualche modo da mani amiche. Mi giro, mi sposto, mi rendo partecipe alla vita che tutto intorno mi scorre serena e volgarmente pacifica. A place for u in my heart suona un po’ come un offesa ma è Madonna Tracy che vomita il suo male nella mia testa che gestisce sempre meglio il dolore ed il malessere altrui. E non si abitua al proprio. Gente miserabile. Gente inetta e bianca. Remembering Your touch Your kiss Your warm embrace I’ll find my way back to you If you’ll be waiting If you dream of me like I dream of you In a place that’s warm and dark In a place where I can feel the beating of your heart. Ed un sorriso colora il volto di sembianza nuova. Una maledizione sbattuta in mezzo agli occhi quasi mi rende sereno e consapevole delle capacità interminabili,infinite, instancabili del mio voler restare e non tremare. E si, sono fortemente daltonico. La bellezza è quella. Dono io, colore mio, all’essere, si, così improprio. Taffy stuck, tongue tied Stuttered shook and uptight Pull me out from inside I am ready I am ready I am ready I am...fine I am covered in skin No one gets to come in Pull me out from inside I am folded, and unfolded, and unfolding I am colorblind. E non sono più 15 giorni e 7 ore, da quando ho perso quel fottuto senso. He said boy u better try to have fun No matter what you'll do But he's a fool `Cause nothing compares Nothing compares 2 u. Fanculo. Ovvio. Nothing compare 2 u. Just Nothing. Ovvio. Fanculo.E continuo a camminare. E mi passa tutto. Come sempre. Come al solito.
Dolce è il dolore che porti negli occhi, quanto il perdersi dentro di te. Ed il lieve infuriare di rabbia che porti aggrappata alla fragilità. Dormi che è meglio pensarci domani alla muta distanza che scorre tra noi quando non sei vicino a scaldare i miei sogni, quando i sogni nemmeno son qui.
Just nothing compares 2 u. E’ come sempre…veramente…come sempre…e fanculo tutto.

giovedì 28 settembre 2006

Notturno bis

Di pane e denti (o Missing your Wonderland)
Abbracciami. Straziami. Sorridi dell'eterno. Ti sogno di vita e voli di sensi. Raccontami una storia. Raccontamene due. Ti vedo, ti amo, ti lego d'infinito. Adorami. Leccami. Grida il tuo venire. Salva il nostro nome e colora il tuo avvenire. Ascoltami. Piangimi. Respira la tua aria. Inquina il mio desiderio e rendi complicità. La musica, la tua. La mia, la musica di sempre. Cantami, Salvami. Reca il tuo dolore. Recita la tua parte e riprendi a sanguinare. Il folle il mago, il malato d'amore, la giostra del silenzio muove lo spazio del suo ardore. Cambia il cielo e il colore dell'aria, una lama dall'alto nell'abisso del re. Geme. Trema. E non mollare, il santo nel sepolcro continuerà ad amare. Abbracciami. Straziami. Fatemi vostro. Sire, la prego mi tolga il respiro. Raccontami una storia. Raccontamene due. Soffiami il giorno e saremo in due.

martedì 26 settembre 2006

18.Maggio.2005

Dovunque. Comunque. Per sempre.
Voglio avere il tuo deserto.

lunedì 25 settembre 2006

Non mi perdo


Va così. Ti svegli una mattina con ancora addosso l’odore di una piccola impresa capace di rigenerare l’assoluto senso dell’essere sereno. Rivivi con un giro di giostra i momenti e le risate, le rincorse e quei pantaloni che proprio non volevano stare su. Vedi con semplicità il significato ultimo del valore della musica; il senso della musica, direbbe qualcuno. E ti perdi perché è giusto che vada così. Ti perdi. Un misto di sensazioni che pervadono il tuo essere li in attesa, appoggiato ad una ringhiera, gli occhi sbarrati da un senso di appropriata circostanza, chitarre, tante, luci e un colore viola, che al meglio rende la giusta atmosfera settembrina. Ti svegli con addosso una sensazione nuova. E ti piace. Perché hai ancora davanti a te ore da gestire con cura, e ci tieni a quelle ore, perché pensi ti ri-diano aria rubata, poi chissà per quale motivo. Funziona l’avvento e attendi. Attendi uno, due, tre giorni.
Ma alla fine è così.
Come è sempre stato. Giusto e scorretto. Risuona un De Luca che non amo più. Perché ha sempre ragione nel dolore, quello li. E ritorna un misto di apprensione, tensione, euforia e voglia di casa, e voglia di mare. È tanto il tempo perduto. Penso troppo. In fondo non aveva un senso, e non sono qui per sfinimento. Si lo so. Non ti sfinisci mica. E che sei sempre uguale. Anche io. Fingi di non riconoscerlo. Lo sono,lo sai. E risuona sempre quel De Luca che mi infligge una lama. Quel due. Ormai doppio. Ormai non più contrario. Ed è Autunno finalmente.
L’anno muore.
Guardo il mare e non te ne accorgi. Ho tanto da dirti. E vorrei parlare per ore. Ma come sempre gestisci tu le emozioni, le mie. Come sempre. E sento l’autunno finalmente.
Partirò?
Non so.
Adesso non voglio. Non vorrei. Perché domani invece, bhe…domani invece si parte. E come al solito si arriva un po’ tardi agli appuntamenti. O troppo presto. E quella storia del destino, dei treni persi e di quelli presi, di quelli pieni e di quelli santi, mi suona come un evento pre-scritto. In parte mi piace. In parte mi intristisce.
Lascio sensi. Da ricostruire a distanze. Lascio situazioni che non conosco più.
Lascio una pura gioia.
(Nell’altitudine) ti ritroverò..
Frequenta quel corso. Quello suggerito.
Non mi piace, quel parlare…così…terra terra. È un tradimento. Abbiamo un trascorso. Che nulla aveva, di terra terra.
Continuo a guardare il mare fino a quando decide lui. E quasi piango. Per tutto. Ho aspettato così tanto. E il gioco degli specchi continuerà a farci litigare. Sfotti e sono contento. Spero sempre tu stia bene. E possa stare bene. Spero sempre tu sia sereno. Continua ad esserlo.
Dimmi del IV capitolo. Contestualizza il mio esserCI.
Welcome 2. Lookbook.
Va così.
Vedo il tutto da dietro un vetro. Tira il vento.

E dentro piove.

domenica 24 settembre 2006

In volo libero sugli anni andati ormai


01. E' lui altissimo, non sono io il nano.
02. Volevo morirgli vicino.
03. Su mondo Cattivo ho perso cognizione di buon senso.
04. Enormi Peppe Servillo e Ginevra Di Marco. (C'era anche Cisco, per cronaca ecco).
05. Non avevo la mia Nikon. Ho bestemmiato in lingue morte.
06. Leggerà la mia tesi.


Matte, ti ho pensato ieri sera. E sorridevo.
23.09.2006

giovedì 21 settembre 2006

Lei è Dio

Here we are now...

With the lights out its less dangerous

Here we are now

Entertain us

I feel stupid and contagious

Here we are now

Entertain us

A mulatto

An albino

A mosquito

My libido

YEA

mercoledì 20 settembre 2006

martedì 19 settembre 2006

Perchè leggi Montale?


Fluisce fra te e me sul belvedere un chiarore subacqueo che deforma col profilo dei colli anche il tuo viso.Sta in un fondo sfuggevole, reciso da te ogni gesto tuo; entra senz’orma, e sparisce, nel mezzo che ricolma ogni solco e si chiude sul tuo passo:con me tu qui, dentro quest’aria scesaa sigillare il torpore dei massi.
Ed io riverso nel potere che grava attorno, cedo al sortilegio di non riconoscere di me più nulla fuor di me; s’io levo appena il braccio, mi si fa diverso l’atto, si spezza su un cristallo, ignota e impallidita sua memoria, e il gesto già più non m’appartiene;se parlo, ascolto quella voce attonito, scendere alla sua gamma più remota o spenta all’aria che non la sostiene.
Tale nel punto che resiste all’ultima consunzione del giorno dura lo smarrimento; poi un soffio risolleva le valli in un frenetico moto e deriva dalle fronde un tinnulo suono che si disperde tra rapide fumate e i primi lumi disegnano gli scali.
... le parole tra noi leggere cadono. Ti guardo in un molle riverbero. Non so se ti conosco; so che mai diviso fui da te come accade in questo tardo ritorno. Pochi istanti hanno bruciato tutto di noi: fuorchè due volti, due maschere che s’incidono, sforzate di un sorriso.
-Perchè leggi Montale?
-Ma sai, non sò. Viene da sè.
-Viene da sè...

sabato 16 settembre 2006

venerdì 15 settembre 2006

Have you reconcilied with God?

Tutto questo è così debole. E fragile. E non capisco più niente. Mi continuo a perdere. Ciclica la perdizione. Non mi trovo più. Salto e affondo.
Non ci credi ai surrogati dei sensi.
Non ci devi credere.
Se vuoi sentirla una cosa. Non ci devi credere.
Se vuoi essere autentico. Non devi crederci.
Sbatto la testa su quel muro che mi divide in 2. Risuona la storia dei sensi. E del mare. Della sua salsedine in aria. E la sento. Ti giuro. La sento. Credimi. È sempre la stessa.
Non siamo mai andati al mare.
Sbatto la testa perché quella storia del surrogato proprio non mi va giù. Sbatto la testa, fino a spaccarmela, perché è storia di terzi. E mi rode l’anima.
Non siamo mai andati al mare. E adesso mi chiedo perché.
Bisogna essere più forti del destino.
La domanda è la stessa.
So la risposta.
Sai. La. Risposta.
Tutto questo è così debole. E inutile.
Non sei ignorante. Non sei malato. Educami ad essere corretto (in ogni crimine). Educami ad essere scorretto (in ogni crimine). Tu che puoi. Tu che sai. Tu che vuoi. Tu che dai.

Vorrei. Andare. Al. Mare.
Adesso.

Mi affogherei...

Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?

MAI...

mercoledì 13 settembre 2006

To my Femme Fatale, To my Fatale Sister

Across from behind my window screen
Demon is dancing down the scene
In a crucial parody
Demon is dancing down the scene
He is calling and throwing
His arms up in the air
And no one is there
All of them are missing as the game
Comes to a start
No one is there
Some are calling, some are sad
Some are calling him mad
No one is there
Across from behind your window screen
Demon is dancing down the scene
In a crucial parody
Demon is dancing down the scene


Nico è una figura tragica, controversa, sfuggente, una delle personalità più sconcertanti della storia del rock. Bellissima, a tal punto da odiare lei stessa la propria bellezza e proiettare il suo fisico in un tunnel di autodistruzione che la rese più simile a un puzzle in procinto di disgregarsi in mille pezzi che a una musa o a una dea di un culto pagano suo malgrado vivo e profondo. Una donna sola, apolide per scelta, imperscrutabile con un voltoenigmatico da tragedia greca e il fascino ambiguo di una vita intensa. Ex modella, attrice principiante, musa della Factory di Andy Warhol, voce dei Velvet Underground, quindi artista solista e ancora attrice impegnata in pellicole non commerciali, è diventata un'icona tragica e silenziosa che non si annovera tra le leggende del rock perché ha vissuto buona parte della sua vita artistica lontano dai clamori e dal music business.
Cinica, egoista, eroinomane, incompresa. La sua fu un'esistenza oscura sul precipizio di un abisso interiore, e come la sua arte, anche la morte di Nico, sacerdotessa sepolcrale del rock, resterà per sempre avvolta nel mistero.

martedì 12 settembre 2006

La Dama Bianca


Prova a seguirmi adesso. Non ti perdere, sta attento. Ti soffio il racconto di una notte.
Riesci ad immaginare un abbraccio mentale di musica e stupore? Fuochi e piogge? Anime e spettri? Ecco, il mondo come lo avevamo sempre rincorso e rivisitato ha preso forma…tutto in quella notte. Cammino spinto dalla musica e mi perdo. E mi sento vivo.
La danzante rincorsa dal poeta che trova salvezza sotto una pioggia lunare; animo e commento privato, scheggiato da una lacrima nera di poeta, sfiancato da bellezza umana ed effimera. Congiura e sciagura dell’essere per così breve tratto vivo, e si sofferente. Una pioggia stellare che rincuora corpo triste e stanco. E ancora quella lacrima nera che riga il volto malato e bianco dell’innamorato andato, vittima della sua creatura mutilata di immortalità, pronta al martirio vertiginoso in cambio di una carezza lacrimevole di un cielo illuminato a festa, in una notte d’estate che volge le sue spalle al vento fresco di un settembre nuovo e quasi passato.
Il rabbino vecchio e storpio che addita la città di Praga, santa e diabolica, dalle mura di una rovina nuova e perfetta nella sua rovinosa decadenza. Una magia di tempi passati che riempie lo sguardo di decenze sconcertanti e pensieri che ti alienano al di fuori di ogni possibile e plausibile concezione. Deliri di alchimisti che si inseguono nelle viuzze nere e sacre sotto lo sguardo attento e avvilente di Rodolfo II. Inventori di nuvole operanti trasfigurazioni e cambiamenti delle forme del mondo, attraverso un gesto di pittura, attraverso il suono di una poesia, per mezzo di elaborazioni della parola di maghi e ciarlatani. Spiriti richiamati dall’arte all’arte. L’antica Zatla Ulicka negli occhi per ri-entrare in uno sconcerto di simbiotiche emozioni, appartenenti ad un medioevo di sensi e certezze ultime.
Il funambolo altalenante, capace di toccare le stelle per raggiungere la sua preziosa creatura bianca. La salita obliqua di un corpo piccolo verso il cielo grande e buio. Una rincorsa che lo porta a rivivere un volo che non si saprà mai gestire dal basso stabile e lontano. Le ali che vedi, che non hanno, che mancano, per la consapevolezza del salto liberatorio. Una creatura bianca, lunghi capelli, neri notte, che sale sul funambolo per pace ricevuta, soffia un desiderio lontano a mò di segreto storico d’avventura, salta e sembra volare sulle nostre teste che incredule aspettano il mattino per risveglio sereno e consapevole. Una voce che narra il dolore del funambolo altalenante pronto a raggiungere la luna e il cielo per la sua amata, sempre, creatura bianca. Il volo liberatorio e gli occhi che chiudendosi regalano un sorriso atto ad un buon senso andato.
Un volto nero, di donna giovane e forte. Una archeologia industriale le regala lo sfondo così idoneo alla sua immagine. Colori che si rintracciano lungo un filo di speranze metalliche e che la inquadrano in un contesto di arte impopolare. Sorride di un sorriso che esce misterioso più della volontà impressa. La addito, stupito di un gioco così riuscito. Illuminata di rosso alveare guarda i passanti nella loro dinamicità, e il suo sorriso regala un moto di stizza per la sua staticità. Sembra dare un benvenuto inquietante la donna nera illuminata di rosso, sorride di colori impropri e decido di proseguire noncurante delle sue forme. Passa un lui, distratto dalla polvere e mi perdo in occhi che regalano tutt’altro. Sorridiamo e lasciamo la donna nera illuminata di rosso, a quanti ancora si ritrovano e si riperdono nei suoi trascorsi andati.

Una città in forme e colori. La musica continua a trascinarmi in contesti alieni ed esaltanti. Amo la gente che non odio. Ed è riprova il mio essere qui in attesa del volo ponderato. Si parla di eresia, nel cuore dell’ignorante. Si parla di eresia, nella mente del malato. Tutto questo brilla di scioltezza, e mi sento libero. Mi sento vivo. Non sono morto, e adesso rincorrendo una dama bianca lungo le ore di una santa notte mi ritrovo a respirare e sentirmi, dire, eccomi ci sono. Raggiungere un equilibrio in-stabile che mi faccia battere il polso e ribollir il sangue, sentir battere le tempie al ritmo di un rinascimento. Tutto quanto quello che si andavo dicendo, e cercando, e sognando, in notti di tristezze primaverili, di caldi e giorni, adesso rivive, lungo il sentiero, percorso dalla mia dama, amata ed incantata, capace di sforzo impresso nel cervello, capace di vita e degna di sospiro finale.
Non è eresia parlare e vivere di arte. È questione di degenza capace di offuscare. Togli bende, solo se vuoi. Riaggancia i sensi, trovali e proteggili. È il continuo divenire che la dama, nella sua danza mostra con eleganza e volontà.

Ed è respiro breve. La notte è solo iniziata.
Si danza, come tutti i figli di Dio sono soliti fare.
Si danza, si respira. Consapevolezza di Libertà e Vita.

Consapevolezza di Arte e Vita.

venerdì 8 settembre 2006

Ti penso

Ci sentiremo. So che stai bene. Ci sentiremo.

Veramente non sto proprio bene sai. Non capisco questa tua certezza e devo dire che un po’ mi urta al cazzo, per il semplice motivo che la tua allusione sia venuta così totalmente dal vuoto inaspettato. Ancora non ti rendi conto di quanto inopportuno tu mi faccia sentire con queste tue fughe plurime e violente. A volte mi viene da chiedere cosa realmente tu pensi di me, se mi reputi veramente forte come una volta, forse per sbaglio, mi hai detto. Cazzo lo sai che non sono forte, ho bisogno di appoggi, di spalle e di un semplice ciao, come va? Ancora pago quello che devo pagare con te, ma sinceramente le mie tasche, la mia testa, sono svuotate. Mi bastava un sono qua, lo sai dove mi puoi trovare. Quella sera, fottuta sera, sapevo di non dover fare quel numero, ma sapevo che non mi avresti risposto, invece pronto?pronto…sei tu? Si sono io, forse hai sbagliato a rispondere, come stai? Io sto bene…scusa forse ho sbagliato a chiamare, ma sai com’è ti volevo dire una cosa…non ti devi preoccupare…scusa veramente non lo faccio più, ciao allora…ciao. Non penso nessuno mi abbia mai mortificato in quel modo. E si che la gente è solita odiarmi con disprezzo. Ma da te, bhe proprio no.
Ti ho mandato una lettera. Sarà passata oltre una settimana. Conteneva le foto di cui ti avevo parlato. Spero ti piacciano. Al dire il vero me ne frega poco se ti piacciono o no.
Però non dare mai per scontato le cose.
No, sai, non sto propriamente bene. Lucia non c’è più, e forse la conoscevi anche, ma non te l’ho mai chiesto. Adesso sono qui, altra città, altra routine, altra quotidianità che lascia un po’ così. La stanchezza è tanta. E il vuoto delle prime notti si riempie solo con parole di amici a cui non devi più niente. Con te invece questo mai sarà. Sempre in debito. Sempre pronto ad ogni richiamo. Non dormi, non ridi, non vivi. Io ci sono sempre. Tu alimenti il mio non stare con me. E mi sento preso dal tutto in cerca di comprensione, in cerca di un modo di attivarmi nuovo. E tu non ci sei.
E poi quella promessa…non l’hai rispettata.
Ed io, le promesse, le rispetto sempre.

Ci sentiremo, si penso di si. Ma non pensare che io stia bene.
Invece di supporre. Chiedi. Cazzo.
Chiedi.
Chiedi.


Come, da sempre, si fa tra persone che si vogliono bene...

martedì 5 settembre 2006

Ava Adore

ADORAMI BASTARDO ADORAMI

So hard to say goodbye

E sono già sette. E ancora non riesco a capire come si possa e si debba andare oltre. Mi riempio della tua risata sai. Era strana e la gente ti prendeva quasi in giro, perché per quanto era vera era troppo forte e rumorosa. era di cuore. È strano sai. Continua a risuonarmi in testa. Ancora e ancora. e ti ricordo così. E subito mi viene quel ricordo di…bho, saranno passati 8 anni, dio, ero una ragazzino. Li a Caporosa, lo so che te ne ricordi, il mio primo campo, la mia prima esperienza di livello. Non avevo molta voglia di stare li, Maria ti ricordi, non era venuta, e la mia presenza mi sembrava assolutamente fuori logica. Eravamo sul letto a castello e mi raccontavi storie che adesso mi mordo a sangue per essermele dimenticate. Ricordi quelle lotte con i cuscini? picchiavi talmente forte che mi hai fatto cadere dal letto, una delle tante botte prese in testa. Ma chi se ne frega…altre risate di gusto quelle. Se ci penso mi sembra passata una vita intera. E quando mi hai dato dell’idiota per essermi andato a lavare i capelli dopo mangiato augurandomi una congestione, che stronza, che strano Lù, mi trovo qui a scriverti ma lo so già che sai quello che leggerai…sembra assurdo e non riesco a crederci. Penso, adesso mi sveglio e non è successo niente, chiamo Laura chiedo di te e mi dirà che come al solito sei in mezzo a mille problemi ma che sei felice e che stai bene. Sai una cosa che non ti ho mai detto?che sei molto bella. Mi piaci tanto, è vero.
Ti vedo a malmenare Don Enrico o vestita da idiota sempre in uno di quei campi. E ti vedo vestita di bianco il primo Giugno. Cazzo Lù come sei bella.
Ah ti ricordi l’ultima volta a Caporosa? Io, te, Fabri ed Eugenio, vicino al fuoco, la vecchia generazione di giovani con me in mezzo…ti ricordi, cazzo che risate, a voi non vi calcolava più nessuno e abbiamo fatto la prova se ero io ad attirare le ragazze del gruppo…vi spostavate voi tre e non succedeva niente, mi alzavo io e loro mi seguivano, e voi tre come vi incazzavate…mamma che risate, lo so che te lo ricordi e ovunque tu sia adesso starai ridendo come sei solita fare, con quella risata così strana che cazzo non voglio per nulla al mondo dimenticare.
Fabrizio ed Eugenio…sono annientati. Anche loro, sono molto, molto incazzati.
Sette giorni fa per una legge divina per me assolutamente impossibile da giustificare sei andata via. E si che si è pregato, e si che si è sperato. Lù, sono oggi sette giorni. E non si riesce a prendere nuova aria che possa farci consapevoli che non ti si vedrà più in viso e quella risata cazzo…in testa, si, in testa. L’ultima volta che mi hai parlato era al tuo matrimonio, quel primo giugno così bagnato che sembrava veramente una presa per il culo. Mai tanta pioggia. Mi sono pure ammalato qualche giorno dopo. Porca miseria. Mi hai chiesto se avevo aggiunto altri piercing ai miei. No Lù sono sempre quattro. E te lo potevi mettere uno in più. E dai non fare la pesante. Mamma come sei bella vestita di bianco ed Emilio per la prima volta vestito così elegante…non credevo potesse essere possibile una visione del genere.

Andre, dimmi pà, Lucia…cosa?non ce l’ha fatta…

Me lo ha detto papà sai…Ciro era già andato via e mamma anche. Me lo ha detto papà e non pensavo me lo dicesse così. Bho di crudo…mi è sembrato ingiusto, quasi volgare. Io ho chiamato Mela, si lo so che lo sai, ma sto facendo mente locale a quelle ore.

Lucia non ce l’ha fatta…Lù? E adesso? Dove sei?

Almeno a te lo avrà spiegato il motivo per cui ti ha voluto con se. Io sono incazzato, molti di noi lo sono. Non penso di essere una di quelle persone a cui si può dire, ma doveva andare così, no sticazzi, assolutamente. Mi viene da piangere ancora. Pensavo di aver finito le mie lacrime.
Non mi sembra vero, Lù.
E quell’angelo fottuto…quel cazzo di dio incensato pronto ad acclamazioni popolari…no non mi sta più bene. Doveva intervenire e non mi si deve dire che è prova di fede. Io penso di averla persa. La mia fede. La stavo perdendo, l’ho persa sette giorni fa, alle 5 del mattino. Tu mi sarai contro in questo momento, ma Lù proprio non riesco a dare un senso il più lontano logico possibile. Aspettavo un gesto, una presenza che potesse in qualche modo farmi render conto del disegno che ti avvolgeva, di cui eri attrice inconsapevole.
Sono passati sette giorni,
Lucia non ce l’ha fatta.
Dio il sangue ancora è caldo e scorre lento. Hai perso senso.
Carne e sangue.

Mi dispiace così tanto…




sabato 26 agosto 2006

Mio caro Jan Jack

Racconto favole su di te che ascolti così preziosamente
Sei un fiore insano tu che si guarda con occhi porpora
Correggimi se tutto questo è debole
Quello che fai non crea più attenzione
Non coinvolge
Questo non è reale
Confronto le idee ed accendo le stelle
C’è un cristo che sanguina e ci guarda con rabbia
È come sai tu sei per me colpevole
Quello che fai non crea più attenzione
Non coinvolge
L’aggressività non mi avrà
Confonde le idee ed affetta la gente
C’è un dio che sanguina, che sanguina
E credo di essere anormale, ebbene non lo so Mi vedi? Temi? Credi io ti userò? uuuuuuuuuuh



E credo di essere anormale, ebbene non lo so Mi vedi? Temi? Credi io ti userò? uuuuuuuuuuh

venerdì 25 agosto 2006

A spasso per l'inferno con Upclose

Dopo aver chiesto sotto forma di preghiera muta il permesso, e dopo averlo ottenuto, ecco il piccolo resoconto infernale dell'anima UpClose
Fancazzista in cerca di ragione, ti ringrazio per il debito polmare...



Nel mezzo del cammin de di nostra vita (che mi pare di capire che verso i 40 anni il vostro upclose sarà beatamente sigillato in una bara con un lettore mp3 e 3-4 libri da leggere),mi ritrovai per una selva oscura,ché la diritta via era smarrita.Si,perché cazzo,io avevo prenotato un bel viaggetto alle Bahamas e invece mi sono ritrovato in questo posticino mica tanto bello.Mi chiedevo dove fossi quando ecco che una figura losca appare.Gli dico “ma dove cazzo sono?Guarda che l’ho pagato caro sto viaggio alle Bahamas,faccio un casino eh!”.E la losca figura mi rispose “ciao upclose,sono stata inviata direttamente da Dio per farti fare un giretto all’inferno,che qua mica sappiamo dove ficcarti!sai,dio legge il tuo blog e gli era piaciuto na cifra lquel post sulla moltiplicazione delle patatine fritte e dato che gli stai simpatico ma non può metterti in paradiso,perché sei veramente una persona pessima,ti fa la cortesia di farti scegliere il girone infernale che preferisci.Ora ci facciamo un giro e poi decidi ok?” E io “oddio,ma c’è tanto da camminare?guarda che c’ho i piedi che bestemmiano,se non c’è l’ascensore io me ne vado!”.La losca figura,che riconobbi essere madre teresa di Calcutta, spazientita mi disse “vedi di seguirmi e non cagare il cazzo!”.
Iniziammo così il tour per i gironi,saltando sapientemente il limbo “che tanto mica sei così vecchio".
LUSSURIOSI - Upclose: no guarda che mica sono un lussurioso,i miei vizietti sessuali sono innocenti,io sono un’anima pura e incontaminata! (un fischio risuona nel girone ma io non ci bado)
GOLOSI - Upclose: madreterè,col cazzo che mi rotolo nel fango,io sono una persona a modo!
AVARI,PRODIGHI - Upclose: ma è una presa per il culo?se fossi avaro perché non ho mai una lira nel portafoglio che mi spendo tutto senza neanche pensarci?
IRACONDI,ACCIDIOSI - Madreteresa: io qua ti ci vedrei proprio eh…Upclose: dici?ma io non sono iracondo,mi hai mai sentito mandare a fanculo qualcuno?e secondo te sono accidioso?dai che sono una persona dinamica!e poi non ci voglio stare qua,non tira un filo d’aria!
ERETICIUpclose: eretici nel senso di erezione?Madretersa: namo và…
OMICIDI,TIRANNI E PREDONI - Upclose: no che qui ci sono i dinosauri e ho paura!Madretersa: eh?Upclose: i tiranni!
SUICIDI E SCIALAQUATORI - Upclose: ah qui sono pulito,lo sciacquone del cesso lo tiro sempre!
BESTEMMIATORI,SODOMITI,USURAIE - qui madre teresa mi fissa con aria accusatrice.Upclose: senti,qua deve essere come in carcere,ti fanno abbassare per prendere la saponetta e te lo troncano nel culo.Non esiste.
RUFFIANI,SEDUTTORI - Upclose: è colpa mia se sono bello e affascinante?Madreteresa: e cretino?Upclose:stronza.
ADULATORI - Upclose: ah beh,questo non mi tange proprio.
SIMONIACI - Upclose: non mi chiamo simone!
INDOVINI - Upclose: cos’è tipo un gioco a quiz?C’è mike bongiorno?
BARATTIERI - Upclose: ahahahaha avevo letto batteri!!
IPOCRITI - Upclose: essendo io falso potrei starci,ma vedo che c’hanno tutti facce un po’ truci,non mi piace mica!Madretersa: sei proprio un rompicazzi.
LADRI - Upclose: devo finire qui per aver rubato una penna a 10 anni?Ma vaffanculovà!
CONSIGLIERI FRAUDOLENTI - Upclose: ma non mi piace neanche il nome,troppo lungo!
SEMINATORI DI SCISMI E SCANDALI - Upclose: seminatori?Ma devo donare lo sperma tipo banca del seme?Madreteresa: sei disgustoso.
FALSARI - Upclose: nono,ti attacchi.
Allora madre teresa spazientita mi fa saltare in toto il girone dei traditori e se ne va.Salvo tornare una decina di minuti dopo con un foglio che dice:
Caro upclose,
per te sarà creato un nuovo girone,quello dei ROMPICOGLIONI PUZZOLENTI.Per la legge del contrappasso sarai costretto a non aprire bocca per lamentarti di ogni cosa e sarai circondato da persone con l’ascella pezzata.Che c’hai veramente scassato le palle!Che qua per fare le gentilezze non mi paga nessuno!Eccheccazzo.
Dio

mercoledì 23 agosto 2006

martedì 22 agosto 2006

Passa lama



NON MI SENTO...

PROPRIAMENTE...

BENE...

CAZZO...

FOTTUTO CAZZO...

lunedì 21 agosto 2006

Notturno


La mia lacrima e la stella
si toccarono, e in quel momento,
divennero una sola lacrima,
divennero una sola stella.

Rimasi cieco, rimase
cieco, d'amore, il cielo.
Fu tutto il mondo - e nulla più -
pena di stella, luce di lacrima.

Juan Ramon Jiménez

domenica 20 agosto 2006

Le cose che preferisco...

Raindrops on roses, And whiskers on kittens, Bright copper kettles, And warm woollen mittens, Brown paper packages, Tied up with strings, These are a few of my favorite things . . . Cream colored ponies, An' crisp apple strudels, Doorbells an' sleigh bells, An' schnitzel with noodles, Wild geese that fly with the moon on their wings, These are a few of my favorite things . . . Girls in white dresses, With blue satin sashes, Snow flakes that stay on my nose and eyelashes, Silver white winters, That melt into springs, These are a few of my favorite things . . . When the dog bites, When the bee stings, When I'm feelin' sad, I simply remember my favorite things, And then I don't feel so bad . . . Roses....hmmm kittens... Kettles.......mittens.... La dee da, la dee da, La dee da, da, These are a few of my favorite things . . . When the dog barks, When the bee stings, When I'm feelin' sad, I simply remember my favorite things, And little by little my heavy heart sings . . . And then I don't feel so bad . . .
And then I don't feel so bad

E le vostre??


sabato 19 agosto 2006

Verso Casa (6Luglio)


Tori Amos 1000 Oceans
Ti ho sempre in mente. Quella immagine di te in lacrime sulla porta. La gente che mi accoglie, mi blocca, si congratula. E ti vedo sempre più piccola, e le tue lacrime, cazzo, spilli nel cervello. Voglio solo raggiungerti, abbracciare, baciare come nessuno stronzo è stato baciato mai. Entrarti dentro: spirito speculare al mio. Attimo di aria sulla mia pelle. Ho sempre la stessa immagine di te. Di me. Su quella porta di universo fermo ad un 6 Luglio.
Non ti vedo da quella mattina. Dopo quella sensazione di catarsi. Finalmente amore giustificato e giustificabile, quello meno indiscreto, quello meno volgare. Scontro di polvere viola e azzurra.
Quel gesto di schifo che sempre continuo a provare per tutto quello che sono. Per quello che non sono. Per tutto quello che adesso qui con me, non c’è. Solo tu, perché sei e sempre sarai.
Per quelle lacrime che devo bere dai tuoi occhi.

Gianna Nannini Meravigliosamente crudele
Seconda fila esterno. Tu prima, a volte esterna,a volte nel mezzo. Sei di una bellezza che faccio fatica a seguire con ragione, e i miei appunti sono pieni dei tuoi volti (e questo non lo hai mai saputo). Vorrei parlarti, vorrei conoscerti. Sei vestita di bianco, hai una borsa colorata e i minchioni che ti circondano sembrano usciti da un fumetto dell’orrore. Sorridi. Sei cordiale con tutti. E sembri guardare me. E sono nudo. Solo tu. Mi sorridi, ti sorrido. Sei splendida. Sei Jun*. Sei e sempre sarai.
Per quei graffi che devo ripulire con il mio sangue.

Tori Amos Precious Things
Salgo da te. Terzo o quarto piano. Non ricordo. Gente insulsa vive in quella casa. Sei da togliere il fiato.
-E’ tutto pronto?
-Si, solo le ultime cose…
-Sei Bellissima.
-Non fare il cretino…
-Ma ti preferisco senza trucco…
-Non ho trucco.
(Cosa ti imbarazza Jun*??)
-Raccontami una storia Jun*…
-Che storia?
-Quella che vuoi…
-Ci sono due spiriti. Quello di Helène. Quello di Jan Jack…
-…
-…
(Non piangere…)
-Non aprire quella scatola…
-Chi è Helène?
-Non lo so…è una storia…
-Chi è Jan Jack?
-Non sei tu…
-Capisco…
-Non aprire quella scatola
(Chi è Jan Jack?...)
-Non l’aprire…ti prego…

Tori Amos Bliss
“Father I killed my monkey”
A Jan Jack il mondo suona in maniera nuova. Gira con il peso della sua impotenza. Teme le mani del padre. A Jan Jack la vita sorride splendida e il sociale non interessa. Vive di cuore. Teme se stesso. Suona con sorrisi e conosce le regole. Teme se stesso e ama Helène. Ama Helène. Odia Jan Jack. Jan Jack odia Jan Jack. Ama Helène come solo lui sa e può amare. Lui: il mare. Lei: il cielo. Tangenze di infiniti. Lei sopra, lui sotto. Connubio di essenze. È arte. È respiro. Un velo, tra il cielo e il mare. E piove. Dal cielo…sul mare.

Verdena 40 secondi di niente
Dici di avere fatto cose orribili per colpa mia. (Mia colpa). Dici di non riuscire ad incontrare il tuo sguardo nel vetro per colpa mia. (Mia colpa).
-Perché se lo ami perdi del tempo con me? Non sono come lui. Non sono la sua copia carbone. Non è colpa mia. (Mia colpa). Dimmi la verità Jun*.
-La conosci.
-No! Non è così…così io ti perdo. Per colpa mia. (Mia colpa). E ti odio. (Mia colpa). Mi credi idota. Mi credi secondo. Non lo sono. È mia natura. Addio Jun*.
-Sei cattivo…
-Si lo sono. E sono uno stronzo. E sono una merda. Tutto per colpa mia. (Mia colpa).

Afterhours Ballad for my little hyena
“Certe sere, in estate, a respirare la corrente che sfila tra le lenzuola, stese nel cortile, si finisce per morire.
E’ dal mare che viene.
La corrente che viene dal mare porta con sé l’altra parte dell’orizzonte (oltre il mare)
Le verità al largo.”

Bjork All is full of love
Sms – Devo parlarti. Vediamoci
Sms – Passa per le 11
Sono nervoso. Voglio parlarti. È una necessità. Devo sapere. Devo chiarire. Devo scuse.
-Perché sei venuto?
-Non dovevi farlo…
-Non ti seguo.
-Jun* è cosa mia preziosa. Cosa mia vitale. Ho visto le sue lacrime per te. Non dovevi. La pagherai…
-Mi ha mentito…spiegami cosa vuol dire in prossima vita…
-Tu non sai niente…
-Non sono un coglione, mio buon Jan Jack…
-Si che lo sei…
-Non come te…
-Si…proprio come me…
-…

Bjork I’ve seen it all
“I’ve seen a man killed by his best friend”.
-A che ora passo?
-Quando vuoi.
-Arrivo.
Non capisco più niente. Ci sei solo tu. Nella testa. Nello studio. Nelle sere. Nella musica. Nella mia. Nella tua. La nostra. Perché con te? Mi completi la solitudine. Stiamo sbagliando; mi sto perdendo. Lo voglio. Lo vuoi e il mondo è a fanculo.
-Raccontami una storia Jan Jack…
-L’avrai stasera ‘Ndr
-Stiamo sbagliando?
-No
Sto bene. Stai bene. Non piangere Jan Jack. Questione di Slut. Questione Afterhours e Marlene Kuntz. Quella birra alla pioggia. Casa mia. Le tue cK. Buongiorno Mr…Buongiorno Mr. La casa, sul mare, d’inverno. I tuoi occhi. Le tue labbra. I nostri corpi.
-No, non stiamo sbagliando Jan Jack..
Siamo così, siamo uguali. Carta carbone. Questione Ludovico Einaudi. Questione Mogwai e Sigur Ròs.
-Ho paura ‘Ndr.
-Ho paura Jan Jack
Baciami. Ti amo…

Marlene Kuntz Notte
“Ho paura di quelle mani. Ho paura dei suoi occhi. Ho paura e mi odio. Per quello che sono. Per quello che non sono. Non voglio vivere così. Sto male. Ho paura. I suoi occhi. Gli occhi di Helène”.
Ed è un vortice. Vomito. Muoio. Addio Jan Jack. Appuntamento in prossima vita. In quella casa, sul mare, d’inverno. Adio Jan Jack. Per te tutto. Lo sai. Lo sai. Vomito. Muoio. Addio Jan Jack.

Placebo Every you every me
Massima consapevolezza. So chi sono. So chi ero. Vivo di vita. Respiro aria. Porto Jan Jack in memoria. E resta la sua musica. Orgoglio e parole che mi salvano da una certa perdizione etica prescritta.
Every me and every you. Mi rendo partecipe a mia vita per mia colpa. Le lacrime si asciugano e divento altra cosa. Amo. E so cos’è. E lo vado cercando. In completezza.

Afterhours Il sangue di Giuda
-Ciao…
-Ma sei tu??
- Si…sono io…
-Forse hai sbagliato…
-Non fare il cretino
-Non faccio il cretino…Jun*
Sei uno spirito di altra vita. Non ti aspettavo. Non ci credevo. Non ci speravo.
-Dobbiamo parlare…
-Bhe si…penso di si…
-Dimmi com’è successo.
-...
-Dimmi com'è successo.
-Sono come lui. Carta carbone. Jun*…mi dispiace…
-Perché? Lo rifaresti?
-Si lo rifarei. Per te. Per me. Per lui.
-Lo amavi?
-…
-Lo amavi?
-Si…penso di si.
-Pensi?
-Si lo amavo…
-Perché???
-Siamo uguali. Sono come lui. Carta carbone. Jun*…ti prego…
-Vi Odio!!!
E mi odio. Adesso. Qui. Mi fai odiare. Per quello che sono. Per quello che non sono
-Vi amo…e vi odio…
Jun*, appuntamento in prossima vita. Ed è solo sangue infetto. Ti ho amato Jun*. Come mai nessuno altro. In altra vita. E reco dolore. Mi odio a misura. Spaccherei la mente per non pensare.

Paola Turci Come eravamo
-Non volevo venire alla tua laurea. Mi sono pentita. Sai, adesso sto con C. Sto bene. Penso sia necessario per me non vederti più. Penso sia essenziale. Ti verrò a cercare io. Sono sicura di questa cosa. Sto bene. Va bene così, sentirsi si, ma non ce la faccio a vederti. Ma non ti preoccupare, verrò io, poi, magari a Roma. Ti raggiungo io. Sto bene…veramente…credimi. Ho trovato quei libri…grazie…andranno benissimo…e che non ce la faccio proprio a vederti. Lo so…siamo fatti in maniera diversa. Sto bene. Sto bene. Credimi. Sto bene…
(non piangere Jun*)
-Ti vedo ovunque in me, con me. Sto bene. Io ti amerò lo stesso. Nonostante tutto. Non ti preoccupare Andre, l’inverno è vicino. Riprenderai la tua aria.
-Verrai a Roma?
-Si…prima o poi. Ti voglio bene…
-Lo so.
Mi voglio male. Io ti amerò lo stesso.
Addio Jun*
Appuntamento in prossima vita.
Verso casa (6 Luglio)

"Verso casala pioggia minaccia la calma di questapianurama io non sento nientese non la tua assenzachiassosa assenzaVerso casami lascio abbracciare dal canto diquesto doloreperché la vita non si è intonata con latua vocelimpida e ingenua, limpida e ingenua,limpida e ingenua..Quante voltetorneraiin un pianto inattesonel ricordo più intensoluce che muore al tramontoin un giorno qualunque di luglioVerso casail sole risveglia i colori di questa pianuranulla è cosi evidentecome la tua assenzachiassosa assenzaPerché la vita non si è intonata con latua vocelimpida e ingenua, limpida e ingenua,limpida e ingenua..Quante voltetorneraiin un pianto inattesonel ricordo più intensoluce che muore al tramontoQuante voltetorneraiin un pianto inattesonel ricordo più intensoluce che muore al tramontoin un giorno qualunque di luglio" P.Turci

mercoledì 16 agosto 2006

Miami Safari


Stride in me ruvida respingimi dolce nuvola io creerei noie in più e giura sei così umida trovami

semplice sfiorami....ci sei sei il crimine che vorrei ebbene tu ali solide trovami semplice

sfiorami....ci sei credo poi che dovrei respingerti come non mai

martedì 15 agosto 2006

A Perfect Day 3


La sera con il gelato alla nocciola nei bicchieri di vetro rosso, quelli nuovi nella credenza della cucina. Mio padre che fa le porzioni, mia madre che critica le porzioni, mio fratello che sorride e racconta storie. La sera con i buonanotte da una stanza all’altra.
Attacco di stereo. Un Billy di Ava Adore, una Skin di altra esistenza e sempre la foto di Winnie the Pooh moribondo.
Alberto da amare su Centrifuga.
Roberta da amare a prescindere.
E poi Manuel, Gianna, Cristiano, Carmen e Paola.

Serenità sparse.
Bjòrk che canta “all is full of love”
Bjòrk che non muore in Dancer in the dark e che continua per sempre la sua penultima canzone.
Il castello Svevo sul colle Pancrazio illuminato a festa.
Una mail dall’Arizona. Una dalla Florida. Una dalla Spagna. Una da altrove.
Finire per la terza volta “Il maestro della notte” e piangere ancora col sorriso.
Una moleskine nuova su cui sanguinare.
Avere a che fare con una piccola volpe.
Uscire di casa vestito in maniera indecente. Uscire di casa vestito da modello cK.
Incontrare un rabbino per strada che ti racconta la storia di un popolo.
Incontrare un muezzin per strada che ti racconta il sangue di un popolo.
Ballare sotto la luna su una terrazza romana.
Svenire ad un concerto dei Verdena.
Ricevere il saluto di un angelo con la grazia per Lù.
Ricevere il saluto di un angelo con la grazia per Lù.
Ricevere il saluto di un angelo con la grazia per Lù.
Vedere il sorriso di un angelo.
Vedere il pianto di un angelo.
Vedere un angelo. Punto.
Gridare “Bye Bye Bombay”: “Io non tremo, è solo un po’ di me che se ne va
Avere a che fare con un piccolo principe.
Presentare lui ai miei.
Fare l’amore con i Sigur Ròs.
Volare verso Tokyo, Pechino, Reykjavik, Mosca, Barcelona, Dublino.
Farmi di assenzio.
Farmi.
Imparare le lingue del mondo, con fare immediato.
Spaccare una pila di marmo in mezzo agli occhi dello stesso stronzo di sempre.
Raccogliere la frutta dagli alberi di nonna.
Portare i colori nuovi a Gabri.
Alzare lo sguardo e vedere Camere separate di PierViTondelli.
Una telefonata per la buona notte.
Avere cura di una rosa, la sola, l’unica, nell’universo tutto.
Vanessa Mae e la sua Oxanes Veil a ripetizione quando fuori è buio e dentro ancor di più.

Toccare tutto quello che non c’è.

lunedì 14 agosto 2006

A Perfect Day 2


La mattina con il caffé caldo che respiri famiglia e trascorsi sereni. Quel latte nel frigo nella sua confezione azzurra e le gocciole pronte e sempre presenti. Mia madre che si muove tra gli acciacchi per casa, ad inseguire chissà quale sconvenienza “acarica”. Mio padre che si prepara per un giro di bici e mio fratello pronto per il lavoro noioso.
Attacco di stereo. Una Tori d’annata, un Ani di Franco di “Wishin and hopin” e la foto di Winnie the Pooh ammazzato da Tigro.
Alberto da amare su Miami Safari.
Roberta da amare su Ormogenia.
E poi Manuel, Gianna, Cristiano, Carmen e Paola.

Serenità sparsa.
Una telefonata da Siderno. Una voce che ti fa ridere. La stessa che ti fa piangere come nessuno mai nella vita e ti senti perso e piccolo e un coglione e un minchione.
E andare al mare, con quella voce di Siderno. D’inverno, quando farà più freddo.
E andare al mare, con una voce di Lokri
. Per poter parlare, chiarire, raccontare di Ro’Ck e continuare quel pianto liberatorio.
Gridare “Meravigliosamente crudele”. “Io non ho amato mai l’eco di un addio senza musica
Fare l’amore.
Vomitare i fanculo più sentiti in faccia ad uno stronzo che odio.
Passare una notte per le strade di Barcelona a chiedere se è tutto solo un sogno di mezz’estate.
Passare una notte per le strade di Roma a chiedere se è tutto così inopportuno come sempre.
Rifare l’amore.
Bere talmente tanto da perdere i sensi su una pankina.
Ricevere la visita di un angelo con la grazia di Lù.
Ricevere la visita di un angelo con la grazia di Lù.
Ricevere la visita di un angelo con la grazia di Lù.
Vanessa Mae sparata nelle orecchie, su un tram di città nera e bagnata.
Stringere l’amore, tenerlo fra le braccia asciugare le sue lacrime, leccare le sue ferite, rubare il suo deserto.
Una tazza di tè al miele con mia cugina.
Leggere quella cazzo di storia della casa sul mare d’inverno e cercare di non piangere più.
Giocare con Gabri. Insegnargli i numeri fino a venti senza saltare il 7 ei il 13.
Ballare per una strada di città straniera completamente strafatto con addosso il tuo amore.
Prendere 110 e lode e guardare tutti come se fossero delle merde.
Prendere 110 e lode e vedere mamma e papà piangere commossi.
Prendere 110 e lode e non capire dove andare a sbattere la testa.
Dormire di gusto.
Violenza carnale plurima immediata su Edward.
Svegliarsi in spiaggia.
Baciare l’adrenalina.

Trovare tutto quello che non c’è.

domenica 13 agosto 2006

sabato 12 agosto 2006

giovedì 10 agosto 2006

Utopia



L’aria è fresca e si respira di pioggia.
L’immagine che si vive è di sera finale. I colori sembrano bagnati e genuini.
Tremo.

La visione è dall’alto. E dall’alto sorrisi e lacrime si mescolano rincorrendosi. La visione è dall’alto e il mare, oceano, suona di un grigio che muore sulla terra. Il vento è sano, e regala sensi nuovi.
Sta per chiudere.
La pioggia continua a bagnare, a cadere, e i personaggi della città perfetta si segnano e svaniscono. Sorridono e scompaiono.
Il piccolo clown da dietro la fonte guarda il marinaio salutare e abbracciare. La visione è dall’alto e il marinaio piange. La via sembra verde e promettente. La mano del bimbo si ferma sul petto e la mamma si distrae pensando al mare del sud. La nave salpa e il vecchio al faro parla alla luna. La visione è dal basso, e la luna gioca a perdersi nei pezzi. Il marinaio piange alla luna, che illumina la mano del bimbo, che cerca il cuore di una mamma che sogna e sogna sempre il mare del sud.
Il piccolo clown dall’alto del fico spia il ragazzo che perde colore. La visione è di lato e il ragazzo lacrima nero. Occhi grandi e colorati di nuovo. Sale che scende e che riga il nero. Bianco al collo e verde in testa. La pioggia che scende lava i suoi occhi. Ha negli occhi il poeta. Ha negli occhi la sua morte. E piove e lui piange. È fermo e la visione adesso è dall’alto.
Scende e scende la lacrima di vetro. Corre sul verde che ricopre il cuore. Scende e scende per toccare una fronte che dall’alto sorregge un pensiero. Il pensiero è per il poeta che parte su una nave. Parte una nave con su un marinaio che gioca con la mano di un bimbo che ride cercando soluzione nello sguardo di una madre che piange di nervi per un mare del sud.
Il piccolo clown da una panca di legno scorge una dama che cammina scalza. Bianca la pelle da sembrare acqua. L’acqua del lago di montagna all’alba è bianca come la pelle della dama di vetro. Veste stoffe che riscaldano un sorriso e sotto la pioggia sembra ricordare una storia di natura. Cammina scalza la dama di vetri e la sua pelle invita alla morte. La visione è dall’alto e una foglia di acero rosso sorvola sorretta dalla storia del vento e si perde nel viola dei suoi capelli che sembra ricordare una storia di sventura. Scende e scende una lacrima di vetro e crolla in collo alla dama di cristallo. La scena ricorda un fuoco vissuto e un grido di sfondo cancella la dama, che rincorreva un poeta seduto su una nave, vicino ad un marinaio che pensa alla mano di un bimbo che cerca il nodo dei capelli di una madre che dorme cullata dal sonno di un mare del sud.
Il piccolo clown dall’alto di una stella scorge un poeta parlare al silenzio. Il vento gli graffia e inasprisce il viso, le sue parole sorreggono il suo destino. Una fascia ricopre i suoi capelli e il freddo ricopre la sua stanchezza. Penzola al buio su una nave verso il nero. Scorge nella storia un ragazzo che piange. Verde in testa e bianco in collo. Lui sorride consapevole del gelo. E si appresta con scioltezza al salto frontale. Gioca a far il grande, il poeta di sventura, riempie i suoi vuoti con le lacrime dei più. Pensa ad una dama distrutta dalla sua natura, e a quel vecchio che sorride alla risposta della luna che gioca a perdersi nei pezzi di quel cosmo, che sempre si annidano nel cuore di un marinaio che legge nel poeta il destino di un orfano che tende la sua mano a consolare una mamma che vede un ragazzo piangere di nero,all’ombra di un fico, bianco in collo e verde in testa.
Il piccolo clown dal duro di uno scoglio sente il suono di una preghiera affogata. Ride il poeta al pensiero del mare. La luna che grida perde cristallo. Il marinaio stringe un pezzo di stoffa. I pezzi di dama si perdono alla terra e occhi sul nero non cessano di singhiozzare. Una mano si calma sul cuore di una mamma che dorme gelata al vento del nord.

L’aria è fresca e la pioggia cessa.
L’immagine che si vive è di sera finale. I colori sembrano bagnati e genuini.
Tremo.

Mi sveglio.



E Daria dove sta?

mercoledì 9 agosto 2006

Magnolia

QUANTO E' BELLO QUESTO FILM?


"Noi possiamo chiudere con il passato, ma il passato non chiude con noi!"

martedì 8 agosto 2006

Brividi


Un castello. Due violini ed una notte di passaggio. Venere il suo passaggio.
Un castello. Una principessa. Una notte di Giugno e una storia sul fresco.
Un falco, un lupo, la storia senza tempo. Una porta ed un muro.
Piccola Jun* e la notte di passaggio. Venere e il suo passaggio.
Due violini. Un muro e uno sguardo nella storia.
Un biglietto nella mano. Una notte di passaggio.

"Impalcature spartitraffico, fari alonati blu monossido Due solitudini si attraggono: tu chi sei? Come due intrusi che sorvolano le tangenziali dell’intimità Fiutando diffidenze e affinità. Resta qui! Da quanto siamo qua non chiederlo, Dalle finestre luci scorrono, Lenzuola stropicciate ...che ora è? Stai con me! Se c’è un motivo trovalo con me Senza ingranaggi senza chiedere perché. Dentro i miei vuoti puoi nasconderti, Le tue paure addormentale con me Se c’è un motivo. Due solitudini si avvolgono Due corpi estranei s’intrecciano Duemila esitazioni sbocciano Stai con me".
Un castello. Due violini ed una notte di passaggio.
Venere.
E il suo passaggio.

lunedì 7 agosto 2006

La città e la memoria


Inutilmente, magnanimo Kublai, tenterò di descriverti la città di Zaira dagli alti bastioni. Potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato: la distanza dal suolo d'un lampione e i piedi penzolanti d'un usurpatore impiccato; il filo teso dal lampione alla ringhiera di fronte e i festoni che impavesano il percorso del corteo nuziale della regina; l'altezza di quella ringhiera e il salto dell'adultero che la scavalca all'alba; l'inclinazione d'una grondaia e l'incedervi d'un gatto che s'infila nella stessa finestra; la linea di tiro della nave cannoniera apparsa all'improvviso dietro il capo e la bomba che distrugge la grondaia; gli strappi delle reti da pesca e i tre vecchi che seduti sul molo a rammendare le reti si raccontano per la centesima volta la storia della cannoniera dell'usurpatore, che si dice fosse un figlio adulterino della regina, abbandonato in fasce sul molo.
Di quest'onda che rifluisce dai ricordi la città s'imbeve come una spugna e si dilata. Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d'una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.
ITALOCALVINO

domenica 6 agosto 2006

Io e te, fratelli di sangue

Io e te.
Perchè senza troppe parole convenzionalmente considerate, procediamo su binari mai paralleli, a volte l'una davanti all'altro, a volte l'uno sull'altra, ma mai paralleli.
Facciamo parlare la musica, la poesia, i libri, i film, i paesaggi, le sensazioni, l'arte, con tutte le nostre differenze, immense differenze. Perchè io e te siamo fratelli, mai uguali, mai gemelli, mai siamesi.
Ed io lo sò, e tu lo sai.
Perchè sono convinto che tu abbia trovato e troverai quell'identità in altre persone, in altri luoghi, in altri tempi, non qui, non con me.
Ma io ci sarò, spettatore dei tuoi viaggi, dei tuoi amori, delle tue convinzioni, un pò in disparte come sempre da loro, mai, mai, mai distante da te.
Io e te fratelli di sangue.
Legame indissolubile, dicono, legame profondo, aggiungo.
Chissà se una o più di quelle Identità ci porteranno ad allontanarci, ci porteranno a "viverCI" a distanza, o ad un bivio (scelte, scelte, scelte) chi lo sà...Eppure nonostante mi manchi la certezza della risposta, nonostante conosca poco il domani, io ti vedo nel mio futuro e sò che sarò nel tuo.
Se avrai bisogno di me Io ci sarò, questo posso certificarlo, questo posso garantirlo, questo è quello che ti prometto. Ed io le promesse fatte in vita le conto sulle dita di una mano e qualche dito avanza. Perchè nessuno è perfetto: sbaglierò, sbaglierai, sbaglieremo, ma la certezza di un abbraccio, di una carezza, di un conforto, anche solo perchè la mattina non c'è il sole, mi rende forte, ti rende forte, ci rende forte.
Con tutto il mio affetto, profondo ed incommensurabile
RESISTERE AL TEMPO E' COSA DEI PIU'...NOI, RESISTIAMO.

To come back home



-Do you know the story about a little prince and and the fox?
-Sure!
-Well, you're my little fox!!
-...
-What?
-...I can't be your fox! I'm just a pitufo!!!
-Yes! a little vanidoso pitufo...
-And u? tu eres un delinquente!
-Si, but the most beautiful one here in BLN!


Sn tornato.
meglio. sono rientrato.in senso più astratto. per riaffrontare nuovamente il tutto.
e la cosa sconquassa.

giovedì 27 luglio 2006

In ascolto


Vi lascio Play-list

1. Vanessa Mae – Toccata and Fugue in D minor
2. Afterhours – Quello che non c’è
3. Afterhours – By this river
4. Bjőrk feat. Tom Yorke – I’ve seen it all
5. Carmen Consoli – Fono all’ultimo
6. Fabrizio De Andrè – Amico Fragile
7. Gianna Nannini – Meravigliosamente Crudele
8. Gianna Nannini – L’abbandono
9. Giardini di Mirò – Othello
10. Giardini di Mirò – Città di Vetro
11. Gustavo Santaolalla – De Usuhaia a la quiaca
12. I Love you but I’ve chosen darkness – We choose faces
13. Julie’s Haircut – Private Hell
14. Lenny Kravitz- Ain’t no sunshine when she’s gone
15. Marlene Kuntz- La lira di Narciso
16. Mùm – Green Grass of tunnel
17. Muse – Escape
18. Paola Turci – Come eravamo
19. Paola Turci – Verso Casa (6 luglio)
20. Placebo – Special Needs
21. Radiohead – Karma Police
22. Sigur Ròs – Saeglopur
23. Sigur Ròs – Milanò
24. Slut – Slip
25. Smashing Pumpkins – Try, try, try
26. Sophia – Desert song n°2
27. Tori Amos – Playboy Mommy
28. Verdena – Centrifuga
29. Verdena – Onan
30. Verdena- Morbida

DROGATEVI

mercoledì 26 luglio 2006

Disse che avrebbe comprato lei i fiori...


(...) Si, pensa Clarissa, è ora di mettere fine a questa giornata. Diamo le nostre feste; abbandoniamo le nostre famiglie per vivere da soli in Canada; combattiamo per scrivere libri che non cambiano il mondo, nonostante il nostro talento e i nostri sforzi senza riserve, le nostre speranze più stravaganti. Viviamo le nostre vite, facciamo qualunque cosa e poi dormiamo – è così semplice e ordinario. Pochi saltano dalle finestre o annegano o prendono pillole; più persone muoiono per un incidente; e la maggior parte di noi, la grande maggioranza, muore divorata lentamente da qualche malattia o, se è molto fortunata, dal tempo stesso. C’è solo questo come consolazione: un’ora qui o li, quando le nostre vite sembrano, contro ogni probabilità e aspettativa, aprirsi completamente e darci tutto quello che abbiamo immaginato, anche se tutti,tranne i bambini ( e forse anche loro) sanno che queste ore saranno inevitabilmente seguite da altre molto più cupe e difficili. E comunque amiamo la città,il mattino; più di ogni cosa speriamo di averne ancora.
Solo il cielo sa perché lo amiamo tanto.
Qui c’è ancora la festa: i fiori ancora freschi, tutto pronto per gli invitati, che alla fine sono solo quattro. Perdonaci Richard. In effetti, e dopo tutto, è una festa. Una festa per quelli che non sono ancora morti, per quelli relativamente in buone condizioni, per quelli che per ragioni misteriose hanno al fortuna di essere vivi.
È, in effetti, una grande fortuna.
Julia dice:”credi che dovrei preparare un piatto per la madre di Richard?”
“No”, dice Clarissa, “vado a prenderla”
Ritorna in salotto da Laura Brown. Laura sorride debolmente a Clarissa – chi sa cosa pensa o sente? Eccola, la donna della furia e del dolore, del pathos, del fascino abbagliante; la donna innamorata della morte; la vittima e la carnefice che ossessionava il lavoro di Richard. Qui in questa stanza c’è l’amata, la traditrice: una donna anziana, una bibliotecaria in pensione di Toronto, che porta vecchie scarpe da signora.
E c’è anche lei, Clarissa, non più la signora Dalloway: non c’è più nessuno a chiamarla così. E ha un’altra ora davanti a sé.
“Venga, signora Brown,” dice. “E’ tutto pronto.”
MICHAELCUNNINGHAM

domenica 23 luglio 2006

RoMa RosaRio

Grano 001 Nella pretesa di palle
Prenotazione posto n°88 carrozza n°5. la cosa mi sembra semplice e banale. Quanto meno precisa. Si sale. Si cerca. Non si trova. Nella carrozza n°88, a quanto pare, non esiste il posto a sedere n°55. scomuniche e maledizioni alla progenie di mr. Trenitalia e fanculo un po’ tutto. Viaggio schizofrenicamente turbolento. La mia persona appare infastidita dal tutto.

Grano 002 Drawing restraint 9
L’ultima opera filmica di Matthew Barney. Una pellicola senza dialogo, un mondo rarefatto in cui fotografia e musica disegnano immagini ispirate alla cultura giapponese. Due protagonisti e quattro tappe rituali: il trasporto, il lavaggio vestizione, il tè, la mutilazione. Il mutare di una forma in cerca di una definizione. Un enorme enigmatica scultura di vaselina su una bandiera giapponese. Un lavoro sulla destrutturazione e ricostruzione di un corpo.

Grano 003 Trovata
Gli occhi sono verdi. Finalmente la divina di Benetton fattura e fattezza l’ho incontrata. Ha gli occhio verdi e sembra non voler sorridere. Mi alieno a Trevi a alla fontana. Al turista stranito dalla posizione della mia nikon ricambio un sorriso che la divina di Benetton fattura e fattezza non sembra voler ricambiare.

Grano 004 Congratulazioni
Ricordati com’eravamo E poi ancora Com’era l’estate che ci aspettava Ricordami dei tuoi capelli Com’erano Neri come il nero dei nostri sogni non siamo qui noi siamo altrove e’ piu’ facile piu’ facile Ricordami di quel profumo Che tu amavi Di arance e di rose Di amore eterno Ricordami l’ingenuita’ Disarmante La dolce illusione Di una promessa non siamo qui noi siamo altrove e’ piu’ facile dimenticare e’ piu’ facile piu’ facile. (PaolaTurci)

Grano 005 Villa
Andiamo a vedere Raffaello? Andiamo a vedere Raffaello. Dov’è? A Villa Borghese. Non sono mai stato sai. Bhe allora dobbiamo andare per forza. Per forza. Ordino i biglietti. Uno ridotto per me. Uno intero per te. La storia della riduzione è motivo di derisione. Arriviamo e già adoro. Ma è enorme! Bhe si necessariamente enorme. La villa intendo. Chiaro. Entriamo. L’effetto è sempre lo stesso. Vuoto temporale e mi muovo tra la storia. Scorre il tutto con eleganza e maestria. Paolina bella come al liceo, pensavo sorridesse. Ricordo annebbiato. Sei bellissima Paolina e tu Canova ancora di più. Apollo Achille Sabine e Dafne. Dentro solo noi e loro. E rivivo il mito. Imperatori romani con sguardi sul cattivo andante, arte e approvazioni della storia all’ingegno umano. Ho i brividi. E mi butto sul Merisi. Raffaello si, indubbiamente, Leda e il suo cigno, la Giardiniera e l’odio di Mela. Mangio senza denti. Usciamo. Sono esaltato e mi scatti foto. Imito statue monche e sono sereno.

Grano 006 Tram
Torno da scontro mentale con tizia assurda. Salgo su tram direzione termini. Sono stanco. Il mio Porta Portese in mano, la mia noia in testa. C’è posto e mi siedo. Attacco I pod e parto di Gianna. Mi parla di treni presi alla stazione nord e quasi mi viene da piangere. Sale un donnino. Penso abbia sbagliato secolo e mezzo. Una carrozza si presterebbe meglio alla sua eleganza, alla sua presenza. Trova posto e si siede in fronte a me. È una donna anziana. I capelli, bianchi, sono raccolti da un fermaglio, potrebbe essere madreperla, sempre per il discorso dell’eleganza, ma non lo saprò mai. Ha un vestito sgargiante. Rosa pesca, le gambe non sono come quelle di una persona grande. Sono curate e nessuna vena traspare. Le mie nonne la prenderebbero ad odio. Non sembra abbia visto mai un campo. Anche i piedi sono curati e smaltati. Ha una serie di gioielli in corpo che potrebbero essere anche un pericolo, e il caldo cerca di abbatterlo con un ventaglio di preziosi. Chiudo la mia musica nelle orecchie e attaccano due musicisti di strada saliti alla fermata di prima. Chitarra e fisarmonica. A vederli sembrano mediorientali. A sentirli sembrano brasiliani. Sono tristi e suonano tristi. Fa molto caldo. Suonano quelle musiche da camera, pronte ad aprire circostanze estranee. La donna vestita di pesca sorride come una cartolina del ’42. ho l’immagine in testa e nessuna me la toglierà. Lei è l’unica che segue entusiasta i due e i due suonano solo per lei. Il viso le si riga di lacrime. È una scena da vivere. Mai sentita tanta tristezza da due musici di strada. Mai vista tanta malinconia negli occhi di una donna. Mi tocca lo stomaco tutto questo e mi manca l’aria. Il ventaglio si muove in un mano, nell’altra le dita si cercano per graffiarsi. Rimetto cuffie. Non accendo la mia musica. Quella che mi ha abbracciato per 5 fermate di tram cessa. Le signora prende un fazzoletto si asciuga gli occhi. Prende borsetta e regala banconote ai due. Loro ringraziano. Lei ringrazia. Loro scendono. Lei dopo un po’.
Eppure questa scena io l’ho già vissuta.

Grano 007 Sgamato spillo I
La fila inizia da Castel Sant’Angelo. Mi sembra inopportuno il tutto. Dai, una volta che siamo qui si fa un attimoin di fila e si cerca di metter piede dentro. No eh? Si ma ci saranno quei 43/44 gradi che conciliano lo stato comatoso avanzato nonché lo stato di premorte. Aspetta chiedo alla signora. È una suora, chiamala sorella, chiamala sorella…sorella, mi saprebbe dire il momento di minor flusso verso l’ingresso della basilica? Guardi la mattina molto presto la situazione è ragionevole, oppure verso le 2 del pomeriggio ( e certo aspettiamo i 52 gradi sotto il colonnato). Mi viene comunicata la sentenza orsolina. Ce ne andiamo. E tu sorella bianca ci guardi con disapprovazione, sorridi di gusto muovi il dito, sventoli rosari, sembri simpatica ed io divento porpora. Avrei preferito uno spillo da chiudere in mano.

Grano 008 Rosa della Vittoria
“Non è certo un caso che la musica dei Sigur Ròs abbia origine in Islanda. Terra di forti contrasti visivi, di luci nordiche e spettrali, di notti che paiono non avere fine, l’Islanda è da sempre un luogo magico, una dimensione altra, parallela che evoca una mescolanza di mistero e di sottile inquietudine, un po’ perché sperduta in una parte di oceano freddo e lontano, un po’ per il sujo clima poco ospitale, un po’ per i suoi paesaggi dalle reminiscenze lunari, aliene”
Sto cercando questo libro da quando un anima malata di cui ero totalmente innamorato, me ne parlò. L’ho cercato per oltre un anno. Mi serviva per la mia tesi. E non l’ho mai trovato. Pensavo fosse fuori catalogo.
“Terra di bardi viaggianti e di saghe epiche tramandate a memoria di padre in figlio, l’Islanda sembra avere la musica nel proprio dna, come del resto accade per tutte le culture insulari, definite rispetto al mondo che conta”
Dalla prima volta che ne sentito parlare volevo che occupasse un posto di prestigio nella mia libreria musicale. Adesso svetta trionfante tra le vicende di Carmen e quelle di Manuel.
Sigur Ròs sta per Rosa della Vittoria.
E non lo sapevo.

Grano 009 Sgamato spillo II
Voglio buttarmi sull’arte. Che tipo di arte? Vorrei investire sull’arte. È una cosa diversa. Vorrei comprare un quadro. Che tipo? Mi piace Donzelli. A me no. È allegro mette armonia. A me pare solo uno che cerca di far soldi prendendo per il culo la chiunque. Mi accompagni o no? Certo.
Guardi avvocato per lei che è nuovo le faccio un prezzo affare 1600 € (porca troja). L’olio scelto è proprio bello. Non ho troppo da criticare. Alla fine l’asta a scendere si ferma sui 1000. Io nel mentre gioco con una cagnolina che vorrei portarmi dietro. Mi si accuccia sulla ginocchia mentre voi sbrigate affari economici. Avvocato mi dia l’indirizzo così le mando gli inviti per eventuali mostre future e naturalmente porti con se anche il bel dottore. Continuo a massaggiare collottole e giunture. Immagino spilli entrarmi in mano.

Grano 010 In attesa
Non pensare che mi sia dimenticato. Sono in attesa. Ti ho invocato e cercato. Il tempo è sempre meno. La mia stima ai minimi storici.