giovedì 28 settembre 2006

Notturno bis

Di pane e denti (o Missing your Wonderland)
Abbracciami. Straziami. Sorridi dell'eterno. Ti sogno di vita e voli di sensi. Raccontami una storia. Raccontamene due. Ti vedo, ti amo, ti lego d'infinito. Adorami. Leccami. Grida il tuo venire. Salva il nostro nome e colora il tuo avvenire. Ascoltami. Piangimi. Respira la tua aria. Inquina il mio desiderio e rendi complicità. La musica, la tua. La mia, la musica di sempre. Cantami, Salvami. Reca il tuo dolore. Recita la tua parte e riprendi a sanguinare. Il folle il mago, il malato d'amore, la giostra del silenzio muove lo spazio del suo ardore. Cambia il cielo e il colore dell'aria, una lama dall'alto nell'abisso del re. Geme. Trema. E non mollare, il santo nel sepolcro continuerà ad amare. Abbracciami. Straziami. Fatemi vostro. Sire, la prego mi tolga il respiro. Raccontami una storia. Raccontamene due. Soffiami il giorno e saremo in due.

martedì 26 settembre 2006

18.Maggio.2005

Dovunque. Comunque. Per sempre.
Voglio avere il tuo deserto.

lunedì 25 settembre 2006

Non mi perdo


Va così. Ti svegli una mattina con ancora addosso l’odore di una piccola impresa capace di rigenerare l’assoluto senso dell’essere sereno. Rivivi con un giro di giostra i momenti e le risate, le rincorse e quei pantaloni che proprio non volevano stare su. Vedi con semplicità il significato ultimo del valore della musica; il senso della musica, direbbe qualcuno. E ti perdi perché è giusto che vada così. Ti perdi. Un misto di sensazioni che pervadono il tuo essere li in attesa, appoggiato ad una ringhiera, gli occhi sbarrati da un senso di appropriata circostanza, chitarre, tante, luci e un colore viola, che al meglio rende la giusta atmosfera settembrina. Ti svegli con addosso una sensazione nuova. E ti piace. Perché hai ancora davanti a te ore da gestire con cura, e ci tieni a quelle ore, perché pensi ti ri-diano aria rubata, poi chissà per quale motivo. Funziona l’avvento e attendi. Attendi uno, due, tre giorni.
Ma alla fine è così.
Come è sempre stato. Giusto e scorretto. Risuona un De Luca che non amo più. Perché ha sempre ragione nel dolore, quello li. E ritorna un misto di apprensione, tensione, euforia e voglia di casa, e voglia di mare. È tanto il tempo perduto. Penso troppo. In fondo non aveva un senso, e non sono qui per sfinimento. Si lo so. Non ti sfinisci mica. E che sei sempre uguale. Anche io. Fingi di non riconoscerlo. Lo sono,lo sai. E risuona sempre quel De Luca che mi infligge una lama. Quel due. Ormai doppio. Ormai non più contrario. Ed è Autunno finalmente.
L’anno muore.
Guardo il mare e non te ne accorgi. Ho tanto da dirti. E vorrei parlare per ore. Ma come sempre gestisci tu le emozioni, le mie. Come sempre. E sento l’autunno finalmente.
Partirò?
Non so.
Adesso non voglio. Non vorrei. Perché domani invece, bhe…domani invece si parte. E come al solito si arriva un po’ tardi agli appuntamenti. O troppo presto. E quella storia del destino, dei treni persi e di quelli presi, di quelli pieni e di quelli santi, mi suona come un evento pre-scritto. In parte mi piace. In parte mi intristisce.
Lascio sensi. Da ricostruire a distanze. Lascio situazioni che non conosco più.
Lascio una pura gioia.
(Nell’altitudine) ti ritroverò..
Frequenta quel corso. Quello suggerito.
Non mi piace, quel parlare…così…terra terra. È un tradimento. Abbiamo un trascorso. Che nulla aveva, di terra terra.
Continuo a guardare il mare fino a quando decide lui. E quasi piango. Per tutto. Ho aspettato così tanto. E il gioco degli specchi continuerà a farci litigare. Sfotti e sono contento. Spero sempre tu stia bene. E possa stare bene. Spero sempre tu sia sereno. Continua ad esserlo.
Dimmi del IV capitolo. Contestualizza il mio esserCI.
Welcome 2. Lookbook.
Va così.
Vedo il tutto da dietro un vetro. Tira il vento.

E dentro piove.

domenica 24 settembre 2006

In volo libero sugli anni andati ormai


01. E' lui altissimo, non sono io il nano.
02. Volevo morirgli vicino.
03. Su mondo Cattivo ho perso cognizione di buon senso.
04. Enormi Peppe Servillo e Ginevra Di Marco. (C'era anche Cisco, per cronaca ecco).
05. Non avevo la mia Nikon. Ho bestemmiato in lingue morte.
06. Leggerà la mia tesi.


Matte, ti ho pensato ieri sera. E sorridevo.
23.09.2006

giovedì 21 settembre 2006

Lei è Dio

Here we are now...

With the lights out its less dangerous

Here we are now

Entertain us

I feel stupid and contagious

Here we are now

Entertain us

A mulatto

An albino

A mosquito

My libido

YEA

mercoledì 20 settembre 2006

martedì 19 settembre 2006

Perchè leggi Montale?


Fluisce fra te e me sul belvedere un chiarore subacqueo che deforma col profilo dei colli anche il tuo viso.Sta in un fondo sfuggevole, reciso da te ogni gesto tuo; entra senz’orma, e sparisce, nel mezzo che ricolma ogni solco e si chiude sul tuo passo:con me tu qui, dentro quest’aria scesaa sigillare il torpore dei massi.
Ed io riverso nel potere che grava attorno, cedo al sortilegio di non riconoscere di me più nulla fuor di me; s’io levo appena il braccio, mi si fa diverso l’atto, si spezza su un cristallo, ignota e impallidita sua memoria, e il gesto già più non m’appartiene;se parlo, ascolto quella voce attonito, scendere alla sua gamma più remota o spenta all’aria che non la sostiene.
Tale nel punto che resiste all’ultima consunzione del giorno dura lo smarrimento; poi un soffio risolleva le valli in un frenetico moto e deriva dalle fronde un tinnulo suono che si disperde tra rapide fumate e i primi lumi disegnano gli scali.
... le parole tra noi leggere cadono. Ti guardo in un molle riverbero. Non so se ti conosco; so che mai diviso fui da te come accade in questo tardo ritorno. Pochi istanti hanno bruciato tutto di noi: fuorchè due volti, due maschere che s’incidono, sforzate di un sorriso.
-Perchè leggi Montale?
-Ma sai, non sò. Viene da sè.
-Viene da sè...

sabato 16 settembre 2006

venerdì 15 settembre 2006

Have you reconcilied with God?

Tutto questo è così debole. E fragile. E non capisco più niente. Mi continuo a perdere. Ciclica la perdizione. Non mi trovo più. Salto e affondo.
Non ci credi ai surrogati dei sensi.
Non ci devi credere.
Se vuoi sentirla una cosa. Non ci devi credere.
Se vuoi essere autentico. Non devi crederci.
Sbatto la testa su quel muro che mi divide in 2. Risuona la storia dei sensi. E del mare. Della sua salsedine in aria. E la sento. Ti giuro. La sento. Credimi. È sempre la stessa.
Non siamo mai andati al mare.
Sbatto la testa perché quella storia del surrogato proprio non mi va giù. Sbatto la testa, fino a spaccarmela, perché è storia di terzi. E mi rode l’anima.
Non siamo mai andati al mare. E adesso mi chiedo perché.
Bisogna essere più forti del destino.
La domanda è la stessa.
So la risposta.
Sai. La. Risposta.
Tutto questo è così debole. E inutile.
Non sei ignorante. Non sei malato. Educami ad essere corretto (in ogni crimine). Educami ad essere scorretto (in ogni crimine). Tu che puoi. Tu che sai. Tu che vuoi. Tu che dai.

Vorrei. Andare. Al. Mare.
Adesso.

Mi affogherei...

Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?
Stai bene se non torno mai?

MAI...

mercoledì 13 settembre 2006

To my Femme Fatale, To my Fatale Sister

Across from behind my window screen
Demon is dancing down the scene
In a crucial parody
Demon is dancing down the scene
He is calling and throwing
His arms up in the air
And no one is there
All of them are missing as the game
Comes to a start
No one is there
Some are calling, some are sad
Some are calling him mad
No one is there
Across from behind your window screen
Demon is dancing down the scene
In a crucial parody
Demon is dancing down the scene


Nico è una figura tragica, controversa, sfuggente, una delle personalità più sconcertanti della storia del rock. Bellissima, a tal punto da odiare lei stessa la propria bellezza e proiettare il suo fisico in un tunnel di autodistruzione che la rese più simile a un puzzle in procinto di disgregarsi in mille pezzi che a una musa o a una dea di un culto pagano suo malgrado vivo e profondo. Una donna sola, apolide per scelta, imperscrutabile con un voltoenigmatico da tragedia greca e il fascino ambiguo di una vita intensa. Ex modella, attrice principiante, musa della Factory di Andy Warhol, voce dei Velvet Underground, quindi artista solista e ancora attrice impegnata in pellicole non commerciali, è diventata un'icona tragica e silenziosa che non si annovera tra le leggende del rock perché ha vissuto buona parte della sua vita artistica lontano dai clamori e dal music business.
Cinica, egoista, eroinomane, incompresa. La sua fu un'esistenza oscura sul precipizio di un abisso interiore, e come la sua arte, anche la morte di Nico, sacerdotessa sepolcrale del rock, resterà per sempre avvolta nel mistero.

martedì 12 settembre 2006

La Dama Bianca


Prova a seguirmi adesso. Non ti perdere, sta attento. Ti soffio il racconto di una notte.
Riesci ad immaginare un abbraccio mentale di musica e stupore? Fuochi e piogge? Anime e spettri? Ecco, il mondo come lo avevamo sempre rincorso e rivisitato ha preso forma…tutto in quella notte. Cammino spinto dalla musica e mi perdo. E mi sento vivo.
La danzante rincorsa dal poeta che trova salvezza sotto una pioggia lunare; animo e commento privato, scheggiato da una lacrima nera di poeta, sfiancato da bellezza umana ed effimera. Congiura e sciagura dell’essere per così breve tratto vivo, e si sofferente. Una pioggia stellare che rincuora corpo triste e stanco. E ancora quella lacrima nera che riga il volto malato e bianco dell’innamorato andato, vittima della sua creatura mutilata di immortalità, pronta al martirio vertiginoso in cambio di una carezza lacrimevole di un cielo illuminato a festa, in una notte d’estate che volge le sue spalle al vento fresco di un settembre nuovo e quasi passato.
Il rabbino vecchio e storpio che addita la città di Praga, santa e diabolica, dalle mura di una rovina nuova e perfetta nella sua rovinosa decadenza. Una magia di tempi passati che riempie lo sguardo di decenze sconcertanti e pensieri che ti alienano al di fuori di ogni possibile e plausibile concezione. Deliri di alchimisti che si inseguono nelle viuzze nere e sacre sotto lo sguardo attento e avvilente di Rodolfo II. Inventori di nuvole operanti trasfigurazioni e cambiamenti delle forme del mondo, attraverso un gesto di pittura, attraverso il suono di una poesia, per mezzo di elaborazioni della parola di maghi e ciarlatani. Spiriti richiamati dall’arte all’arte. L’antica Zatla Ulicka negli occhi per ri-entrare in uno sconcerto di simbiotiche emozioni, appartenenti ad un medioevo di sensi e certezze ultime.
Il funambolo altalenante, capace di toccare le stelle per raggiungere la sua preziosa creatura bianca. La salita obliqua di un corpo piccolo verso il cielo grande e buio. Una rincorsa che lo porta a rivivere un volo che non si saprà mai gestire dal basso stabile e lontano. Le ali che vedi, che non hanno, che mancano, per la consapevolezza del salto liberatorio. Una creatura bianca, lunghi capelli, neri notte, che sale sul funambolo per pace ricevuta, soffia un desiderio lontano a mò di segreto storico d’avventura, salta e sembra volare sulle nostre teste che incredule aspettano il mattino per risveglio sereno e consapevole. Una voce che narra il dolore del funambolo altalenante pronto a raggiungere la luna e il cielo per la sua amata, sempre, creatura bianca. Il volo liberatorio e gli occhi che chiudendosi regalano un sorriso atto ad un buon senso andato.
Un volto nero, di donna giovane e forte. Una archeologia industriale le regala lo sfondo così idoneo alla sua immagine. Colori che si rintracciano lungo un filo di speranze metalliche e che la inquadrano in un contesto di arte impopolare. Sorride di un sorriso che esce misterioso più della volontà impressa. La addito, stupito di un gioco così riuscito. Illuminata di rosso alveare guarda i passanti nella loro dinamicità, e il suo sorriso regala un moto di stizza per la sua staticità. Sembra dare un benvenuto inquietante la donna nera illuminata di rosso, sorride di colori impropri e decido di proseguire noncurante delle sue forme. Passa un lui, distratto dalla polvere e mi perdo in occhi che regalano tutt’altro. Sorridiamo e lasciamo la donna nera illuminata di rosso, a quanti ancora si ritrovano e si riperdono nei suoi trascorsi andati.

Una città in forme e colori. La musica continua a trascinarmi in contesti alieni ed esaltanti. Amo la gente che non odio. Ed è riprova il mio essere qui in attesa del volo ponderato. Si parla di eresia, nel cuore dell’ignorante. Si parla di eresia, nella mente del malato. Tutto questo brilla di scioltezza, e mi sento libero. Mi sento vivo. Non sono morto, e adesso rincorrendo una dama bianca lungo le ore di una santa notte mi ritrovo a respirare e sentirmi, dire, eccomi ci sono. Raggiungere un equilibrio in-stabile che mi faccia battere il polso e ribollir il sangue, sentir battere le tempie al ritmo di un rinascimento. Tutto quanto quello che si andavo dicendo, e cercando, e sognando, in notti di tristezze primaverili, di caldi e giorni, adesso rivive, lungo il sentiero, percorso dalla mia dama, amata ed incantata, capace di sforzo impresso nel cervello, capace di vita e degna di sospiro finale.
Non è eresia parlare e vivere di arte. È questione di degenza capace di offuscare. Togli bende, solo se vuoi. Riaggancia i sensi, trovali e proteggili. È il continuo divenire che la dama, nella sua danza mostra con eleganza e volontà.

Ed è respiro breve. La notte è solo iniziata.
Si danza, come tutti i figli di Dio sono soliti fare.
Si danza, si respira. Consapevolezza di Libertà e Vita.

Consapevolezza di Arte e Vita.

venerdì 8 settembre 2006

Ti penso

Ci sentiremo. So che stai bene. Ci sentiremo.

Veramente non sto proprio bene sai. Non capisco questa tua certezza e devo dire che un po’ mi urta al cazzo, per il semplice motivo che la tua allusione sia venuta così totalmente dal vuoto inaspettato. Ancora non ti rendi conto di quanto inopportuno tu mi faccia sentire con queste tue fughe plurime e violente. A volte mi viene da chiedere cosa realmente tu pensi di me, se mi reputi veramente forte come una volta, forse per sbaglio, mi hai detto. Cazzo lo sai che non sono forte, ho bisogno di appoggi, di spalle e di un semplice ciao, come va? Ancora pago quello che devo pagare con te, ma sinceramente le mie tasche, la mia testa, sono svuotate. Mi bastava un sono qua, lo sai dove mi puoi trovare. Quella sera, fottuta sera, sapevo di non dover fare quel numero, ma sapevo che non mi avresti risposto, invece pronto?pronto…sei tu? Si sono io, forse hai sbagliato a rispondere, come stai? Io sto bene…scusa forse ho sbagliato a chiamare, ma sai com’è ti volevo dire una cosa…non ti devi preoccupare…scusa veramente non lo faccio più, ciao allora…ciao. Non penso nessuno mi abbia mai mortificato in quel modo. E si che la gente è solita odiarmi con disprezzo. Ma da te, bhe proprio no.
Ti ho mandato una lettera. Sarà passata oltre una settimana. Conteneva le foto di cui ti avevo parlato. Spero ti piacciano. Al dire il vero me ne frega poco se ti piacciono o no.
Però non dare mai per scontato le cose.
No, sai, non sto propriamente bene. Lucia non c’è più, e forse la conoscevi anche, ma non te l’ho mai chiesto. Adesso sono qui, altra città, altra routine, altra quotidianità che lascia un po’ così. La stanchezza è tanta. E il vuoto delle prime notti si riempie solo con parole di amici a cui non devi più niente. Con te invece questo mai sarà. Sempre in debito. Sempre pronto ad ogni richiamo. Non dormi, non ridi, non vivi. Io ci sono sempre. Tu alimenti il mio non stare con me. E mi sento preso dal tutto in cerca di comprensione, in cerca di un modo di attivarmi nuovo. E tu non ci sei.
E poi quella promessa…non l’hai rispettata.
Ed io, le promesse, le rispetto sempre.

Ci sentiremo, si penso di si. Ma non pensare che io stia bene.
Invece di supporre. Chiedi. Cazzo.
Chiedi.
Chiedi.


Come, da sempre, si fa tra persone che si vogliono bene...

martedì 5 settembre 2006

Ava Adore

ADORAMI BASTARDO ADORAMI

So hard to say goodbye

E sono già sette. E ancora non riesco a capire come si possa e si debba andare oltre. Mi riempio della tua risata sai. Era strana e la gente ti prendeva quasi in giro, perché per quanto era vera era troppo forte e rumorosa. era di cuore. È strano sai. Continua a risuonarmi in testa. Ancora e ancora. e ti ricordo così. E subito mi viene quel ricordo di…bho, saranno passati 8 anni, dio, ero una ragazzino. Li a Caporosa, lo so che te ne ricordi, il mio primo campo, la mia prima esperienza di livello. Non avevo molta voglia di stare li, Maria ti ricordi, non era venuta, e la mia presenza mi sembrava assolutamente fuori logica. Eravamo sul letto a castello e mi raccontavi storie che adesso mi mordo a sangue per essermele dimenticate. Ricordi quelle lotte con i cuscini? picchiavi talmente forte che mi hai fatto cadere dal letto, una delle tante botte prese in testa. Ma chi se ne frega…altre risate di gusto quelle. Se ci penso mi sembra passata una vita intera. E quando mi hai dato dell’idiota per essermi andato a lavare i capelli dopo mangiato augurandomi una congestione, che stronza, che strano Lù, mi trovo qui a scriverti ma lo so già che sai quello che leggerai…sembra assurdo e non riesco a crederci. Penso, adesso mi sveglio e non è successo niente, chiamo Laura chiedo di te e mi dirà che come al solito sei in mezzo a mille problemi ma che sei felice e che stai bene. Sai una cosa che non ti ho mai detto?che sei molto bella. Mi piaci tanto, è vero.
Ti vedo a malmenare Don Enrico o vestita da idiota sempre in uno di quei campi. E ti vedo vestita di bianco il primo Giugno. Cazzo Lù come sei bella.
Ah ti ricordi l’ultima volta a Caporosa? Io, te, Fabri ed Eugenio, vicino al fuoco, la vecchia generazione di giovani con me in mezzo…ti ricordi, cazzo che risate, a voi non vi calcolava più nessuno e abbiamo fatto la prova se ero io ad attirare le ragazze del gruppo…vi spostavate voi tre e non succedeva niente, mi alzavo io e loro mi seguivano, e voi tre come vi incazzavate…mamma che risate, lo so che te lo ricordi e ovunque tu sia adesso starai ridendo come sei solita fare, con quella risata così strana che cazzo non voglio per nulla al mondo dimenticare.
Fabrizio ed Eugenio…sono annientati. Anche loro, sono molto, molto incazzati.
Sette giorni fa per una legge divina per me assolutamente impossibile da giustificare sei andata via. E si che si è pregato, e si che si è sperato. Lù, sono oggi sette giorni. E non si riesce a prendere nuova aria che possa farci consapevoli che non ti si vedrà più in viso e quella risata cazzo…in testa, si, in testa. L’ultima volta che mi hai parlato era al tuo matrimonio, quel primo giugno così bagnato che sembrava veramente una presa per il culo. Mai tanta pioggia. Mi sono pure ammalato qualche giorno dopo. Porca miseria. Mi hai chiesto se avevo aggiunto altri piercing ai miei. No Lù sono sempre quattro. E te lo potevi mettere uno in più. E dai non fare la pesante. Mamma come sei bella vestita di bianco ed Emilio per la prima volta vestito così elegante…non credevo potesse essere possibile una visione del genere.

Andre, dimmi pà, Lucia…cosa?non ce l’ha fatta…

Me lo ha detto papà sai…Ciro era già andato via e mamma anche. Me lo ha detto papà e non pensavo me lo dicesse così. Bho di crudo…mi è sembrato ingiusto, quasi volgare. Io ho chiamato Mela, si lo so che lo sai, ma sto facendo mente locale a quelle ore.

Lucia non ce l’ha fatta…Lù? E adesso? Dove sei?

Almeno a te lo avrà spiegato il motivo per cui ti ha voluto con se. Io sono incazzato, molti di noi lo sono. Non penso di essere una di quelle persone a cui si può dire, ma doveva andare così, no sticazzi, assolutamente. Mi viene da piangere ancora. Pensavo di aver finito le mie lacrime.
Non mi sembra vero, Lù.
E quell’angelo fottuto…quel cazzo di dio incensato pronto ad acclamazioni popolari…no non mi sta più bene. Doveva intervenire e non mi si deve dire che è prova di fede. Io penso di averla persa. La mia fede. La stavo perdendo, l’ho persa sette giorni fa, alle 5 del mattino. Tu mi sarai contro in questo momento, ma Lù proprio non riesco a dare un senso il più lontano logico possibile. Aspettavo un gesto, una presenza che potesse in qualche modo farmi render conto del disegno che ti avvolgeva, di cui eri attrice inconsapevole.
Sono passati sette giorni,
Lucia non ce l’ha fatta.
Dio il sangue ancora è caldo e scorre lento. Hai perso senso.
Carne e sangue.

Mi dispiace così tanto…