martedì 14 novembre 2006

F R E D D A M E N T E



"Lentamente tra una pagina e l'altra di un libro qualunque ingannavo l'attesa gia' settembre poche voci distanti e un autunno distratto al di la' dei vetri quasi speravo che non arrivassi piu' quasi credevo che non mi mancassi eppure stavo aspettando..."

Va così...da giorni ormai. Va così.Un autunno dolciastro nella mia bocca. Sbatto i ricordi in una scatola di legno e quel fiore rosa mi urla in testa.

"credevo di sopportare la tua indifferenza cercando pretesti e rimedi inutili eri tu quel tasto dolente eri tu autunno dolciastro eri tu..."

Va così. E mi spiace così tanto...

lunedì 13 novembre 2006

2046




L'amore e i suoi paradossi, i suoi tempi sbagliati, un rincorrere/rincorrersi, un perdere/perdersi che restituisce all'amore la sua vera dimensione, quella del sogno, del rimpianto, dell'impossibilità di essere consumato. L'amore vero è sempre quello perduto, o mai vissuto. Ed è per questo che da 2046 non si torna, perché lì nulla cambia. Le ferite non si chiudono e dopo la prima volta, non c'è la seconda, ma solo cloni insignificanti della prima volta, ed è così per sempre. 2046 è un non-luogo dove proiettare in eterno i fantasmi del passato, il luogo dell'eterno ritorno...
"Quelle note, quelle note.. sono le nostre note.
Oggi, domani, per sempre stringo la tua mano.
Quando non capiranno, quando non capirai, quando non capirò..
E' ancora la mia mano a ricordarti chi siamo.
Vite straordinariamente rovinate.
Il dolore più dilaniante, l'assenza più sconcertante, il rimpianto più grande.
Ma hai la mia mano.
Non sarà mai eppure è per sempre.
Guardo il cielo, ogni tanto ha il colore dei tuoi occhi, sempre me ne regala la profondità".
Fede

martedì 7 novembre 2006

Passi come sale sugli occhi


"Perché sei e sempre sarai.
Per l’amore e per il blu,
per le storie e per le lacrime
le facce, il mare, l’oceano.
Per il tuo Oceanomare.
Per Baricco e Tabucchi.
Per La tua fretta.
I treni, le mani, ed i fiori rosa.
Venere e quel passaggio con i violini."

Capita che arriva un messaggio e ti dice le cose come stanno. Resti quasi imbecille. E lo rileggi. Provi ad immaginare un perché, logico e plausibile. E ti viene l’odio.
Tutto così. Non una voce, non una lettera, una di quelle che mi hai sempre scritto e vomitato addosso in tutti questi anni. Un fottuto messaggio che sa di beffa. “sai ho saputo che lei…”. E ti viene l’odio. Credimi. Ti immerge.
Ed ero pronto a non farne parola con nessuno, perché sai, è pur sempre cosa tua, ed io messere inetto pronto ad ingoiare un’altra mancanza, un’altra tua girata di spalle. E si ti viene l’odio, mia cara, perché alla fine non te lo aspetti. E quel novembre che è ottobre, che è fine mese, che è adesso, che è stato quando ero presente. E si, mia cara, ti senti mortificato del tuo non fare, del tuo cercare di dimenticare, quell’atteggiamento di scredito totale, e non succede altro che soccombere all’odio. E adesso si che si può. Lasciar perdere il tutto, il resto. E cagare quelle facce di merda che avranno, inebetiti, sorriso di un qualcosa che neppure lontanamente potevano capire. Mi hai tradito sul rush finale. E abbiamo perso. Io perché secondo. Tu perché squalificata.
E ti eclissa un odio. E penso a tutto. Dimmi dei libri. Ed ero li a parlarti di Seneca e Platone. Passaggi e riflessioni. Dimmi della vertigine. E cadevo nel riflesso. Ho bisogno di qualcuno. Sarei venuto in qualsiasi modo, qualsiasi momento. E alla fine quasi mi sento nuovo. Prendo aria. E la nuova luce ti rende stupida e volgare. Volgare per aver imbrattato il tuo quadro, quello di sangue, di anima e musica. Non hai più arte. Il maestro lo aveva notato. Ho maledetto il maestro, il poeta, il fingitore di sempre, l’ho maledetto per te. Ma fanculo. Quanto tempo. Quante lacrime. Non lo farò per te in seguito. Prometto e sigillo.
In prossima vita adesso sono io a dirlo.
Non cercarmi. Non lo fare più.
Passi come sale sugli occhi.