domenica 25 febbraio 2007

Lo vedi o no?

In requiem
E’ come in un fiume lo vedi o no?
Ora muoio
Ho gli occhi chiusi lo vedi o no?
Sono infesto
E’ come in un fiume lo vedi o no?
Doma il mostro
E’ come in un fiume lo vedi o no?
Non sei più qui sei più lontano
E va bene così bene co…
Ed io morirò morirò di fame
E alla fine tu m’illudi in laude in laude
in laude

lunedì 19 febbraio 2007

Niente più conta...

Marzo. Vetri bagnati da stagione fredda. Due. Il contrario di…

Scendiamo.

Villa.

Piove, ma non rende fastidio. Potrebbero cadere pietre, sarebbe uguale. Non rende fastidio. Ci sediamo.

-E’ come quella storia del pub irlandese…se uno esce da quel posto non vuol dire sia irlandese…non trovi?

-Beh si,ma penso ci sia un certa differenza…

-E’ la stessa identica storia…non mi si può additare di nulla. È stupido. È sbagliato. È semplicemente scorretto.

-Nessuno ti addita. È semplice constatazione.

-Stronzate.

(Perché allora mi guardi in questo modo? Cosa pensi di trovare nel mio soffio di vita? Come mai siamo qui, io e te, e la pioggia, in una villa? Perché ti ostini a non voler sentire il bruciore della luce che illumina il tuo sguardo? Sto bene, qui adesso, sotto un tetto di rami spogli, sotto una pioggia che rinfresca il passato nascosto, ti ascolto, tu blateri, parli di storie di terzi per non sentirti partecipe di questa vicinanza che si crea, sotto una pioggia di marzo.)

-Ho sempre in mente un’immagine…le mani…quelle di mio padre

(Non piangere cazzo, potrei non reagire e sarebbe sbagliato, mi pietrifichi)

-Le mani di mio padre, vedo solo quelle,e i suoi occhi che mi guardano, che soffrono, ed io non riesco a reggere e devo obbedire alla natura imposta, io lo amo e sarebbe sbagliato, non vorrei…quelle mani, le mani di mio padre…la fragilità di mia madre. La mia natura a metà.

-Andiamo…

(le tue mani, i tuoi occhi,le tue lacrime, la fragilità tua…e mia)

Marzo. Vetri bagnati da pioggia di inizio stagione. Due, mai come prima.

Buio. Al riparo da occhi indiscreti.

Mi stringo a te, come te a me.

Una mano, la tua, nella mia. Una realtà manifesta, nascosta al mondo.

-Non mi si può additare di nulla…

-Non ci si può dir nulla contro

Un gioco, di spirito, il rincorrerci in un metro di macchina bagnata. Pugni di rabbia misto a riso. Karma Police, (grazie a voi). Una ciondolo al collo tuo, nelle mie mani.

-Nessuno può dirci nulla

(neppure le lacrime di un padre possono parlare)

Un rincorrersi nel cuore di una notte di inizio stagione, la nostra nuova. Stagione. Un pugno di rabbia, troppo forte, da spaccare il cuore, che va da sé, ubriaco di certezza nuova. Il ciondolo tra le mie dita, nelle tue mani, nei miei capelli, sulle tue labbra, sulle mie labbra.

Niente più conta.

Radiohead.

La nuova stagione.

Due…il contrario di.


domenica 18 febbraio 2007

RIENTRO A CASA


Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t' attende dalla sera
in cui v' entró lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostó irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non é più lieto:
la bussola va impazzita all' avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s' addipana.

Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell' oscurità.

Oh l' orizzonte in fuga, dove s' accende
rara la luce della petroliera!
Il varco é qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende ...).
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

Basta poco, un'idea di progetto, una vecchia canzone, una tazza rotta, un profumo...una poesia di Montale...
-Perchè leggi Montale?
-Ma sai...non sò...viene da se

-Viene da se...
Ed è subito nuovo mondo

venerdì 9 febbraio 2007

If I should fall to the field

Una qualsiasi forma nata da Ana Bagayan, che ti porta un mondo di suono quasi nuovo, quasi dimenticato. Lì, mi ricordo e lì mi riconosco. Steve Von Till e recupero il no sense. Stanza vuota di vetro placcato a nero. Un piccolo uomo, sempre quello, seduto nell’angolo buio tra il verde e il viola di un atmosfera familiare di onirica acustica nuova. Mi appartiene e non se ne và. Non può. Ancora Steve Von Till, che lacrima sulla mia postura malferma. Una scelta, un connubio, un ricordo, una mistificazione. Due mani, un sorriso, le grida, due occhi, le tue mani, le tue grida. Steve Von Till. La stanza nera. La pioggia. Solita posizione da piccolo uomo nell’angolo buio viola e verde. Una lama che trapassa il ricordo e quasi singhiozzo tra le note del fottuto Steve Von Till. E non posso farne a meno. Una chitarra nell’altro angolo della stanza. Emozione vomitata attraverso il mare che mi divide da questa (tua?) musica. Un pianto continuo. Incapacità nel gestire il vivido riflesso del divenire mio. E piango cazzo perché lo so fare e ne sono all’altezza.

Fanculo.

Steve Von Till. Fottuto chansonier maturo e sofferente. Amami nel dolore tuo e fammi certezza del suono tuo. Adorami con le tue certezze di svista verde e viola. Chiudimi nel delirio della stanza lasciami gridare lasciami supplicare lasciami qui nel mio angolo buio, lasciami nell’assurdo riflesso dell’oceano che mi divide da te. Legami dall’alto alla tua visione di pioggia incessante. Slegami dall’assurda inefficienza del quotidiano mio. Pregami di amare, il tutto riflesso e il mio.Lasciami con le mie paure di quello che temo di non potere non essere. Amami. Adorami. Liberami dal male. In me. E ne prego e ne chiedo.

Solo musica adesso la mia.

Seduto nell’angolo buio viola e verde della mia stanza ritrovata.

venerdì 2 febbraio 2007

OGGI VA COSI'



Gli Scissor Sister sono una pippa...

DELIRIO DELIRIO DELIRIO DELIRIO DELIRIO DELIRIO