venerdì 2 giugno 2006

Abbracciami

Io veramente non volevo.
Mai avrei chiesto tutto questo.
Mi sembra esagerato. Mi sembra inadeguato.

Quel sangue che mi hai regalato con la coscienza di 21 anni di inferno lo avrei vomitato.
E adesso torna a te.
Lo avrei rispedito al mittente. Sbiancato e asciugato ne avrei fatto polvere bagnata da buttare addosso al passato.
E adesso ricambio il danno.
Tuo sacrificio, donna povera e abietta, mi ha imprigionato. E neppure un corpo da linciare mi rimane per soddisfare l’ira. Regalo funesto, la vita, quella vita in questo scorcio di regione rossa. Nulla mi arrise da quella volta in cui…
Nulla si rivelò semplice e piacevole da quella volta in cui…
Per te è stato normale e necessario. Per me è stato maligno ed egoista.
Graffi e schiaffi. La vita pretende e non sono pronto ancora a gestirla tra le dita. Le vicende mi fanno oggetto di loro piacere e mi chiedo perché, donna sorda e reietta, il tuo dono di tanta speme, lacrime e bile mi hanno portato. Non posso rendere grazie, al tuo gesto insensato e liberatorio. Non posso guardare al tuo fare in maniera grata e compiaciuta.
Voglio gridarti il mio disprezzo, donna piccola e malata.
non avevi il diritto di alcuna speranza a venire su di me.
Il mondo mi dilania e ghettizza. E sono un debole e fallito.
­­_________

Mi fa male la testa. E ti penso piangente. Ma proprio non ce la faccio.
Adesso torno a te. In fondo era questo il mio destino. Non dovevi abbandonarmi qui, in questo scorcio di regione nera. Dovevamo stare insieme. Era quello che il tuo dio ti aveva dato in dono. Sei andata contro, e la mia non è stata esistenza, ma sopravvivenza.
Mi fa male la testa in maniera nuova e meno cupa.
Sento che scorre dentro e non mi va di vedere la muffa. Non mi piangerà nessuno, mamma.
Solo tu starai chiedendo a quell’angelo ghignante ti intervenire. Lascialo alla sua luce riflessa. E non gridare. E alla fine non ti odio. Lo sai.
Sono quasi sereno adesso.
La testa non mi fa più male. E voglio solo chiederti il perché.
Mamma non mi guardare così. Ora è meglio, veramente. Non sono soggetto di alcun realtà. E qui manca la chiave del sole.
Sento che scorre fuori e non mi va di vedere più niente. È un caldo frizzante mamma, ma non piangere cazzo, mi rendi la morte malata. Il tuo amore, mamma, adesso ti ritorna addosso. Sono quasi arrivato.
La testa non la sento più.

L'acqua si macchia e mi avvolge...

E cado in acqua. Che mi avvolge...

Mamma non piangere.

Sto venendo.


Abbracciami.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

O angelo fratello, ogni notte
prima che m'assalgano demoni,
mi accendano le tue ali,
o mio custode, rosse aurore...

Mi hai sorretto fraterno
attraverso rosse regioni d'inferno,
su scoscese scogliere
mi hai ricavato gradini
ed hai ricacciato corde e palle,
hai spaccato mura al mio cammino,
e, se anche spesso ti ho importunato,
tu sempre mi sei stato fedele
senza averne contraccambio.
O angelo, sii tu la mia guida,
tutte le vie paiono desolate.
O angelo, strappami dal tempo.

Guidami, angelo mio, dove conviene,
ancora una volta. Poi sei libero.

Togli la pietra dal mio petto.
Non lasciarmi solo, angelo mio.
Werner Bergengruen

Il poeta sa quando attinge all'estetica del nero, quando indugia nelle sue spire silenti, quando gode dei suoi fendenti nelle membra, quando il ghigno nero è piacere
Il poeta sa pure quando le vie paiono desolate

Pensavi davvero che avrei scelto identità fratricida? Porto il sigillo plurale di sole nascente!

Anonimo ha detto...

.....

Andrea Miceli Rovito ha detto...

ALBE...grazie.
il malato di lui, del poeta dico, sguazza in spire dolenti. non si da pace. nn se ne darà mai.

Sospiro Mozzato ha detto...

Martelli incandescenti trafiggono lame d' amore originario, questa battaglia non deve farsi, non resisterei.Cuore funesto descrivimi il tuo dolore, quale pezzo di fango dolente ha ottenebrato le tue mani, e quale getto d'acqua cerca di liberartene con tristezza...