sabato 27 maggio 2006

RoMa



Sono pronto. Ti chiamo quando parto. Stai attento (ma come?parto per la Somalia?). Ok. Tranquillo. Un bacio a mamma. Parto. Ridicole ferrovie. Fermo per un ora e un quarto in stazione di mare. Non fa caldo prendo sonno. Primo controllo. Inizio a fantasticare su chi mi alita lo scompartimento. Ragazzo. Signora. Ragazzo. Dunque: militare. Signore. Universitario. Auricolari. Libro. Auricolari. Vabbè: la noia. Mi adeguo alla media e mi sparo di Takk. Mi perdo. Sono convinto non esista situazione esistenziale migliore per godere della musica. Quella che si è in grado, e in coscienza di poter definire tale. Mi sparo di Takk. È la musica che mi sta portando: ovunque, in viaggio. Che strano. È verso nord. Jun* ti ricordi? La musica verso il nord, sensoriale, fisico, atmosferico. Fanculo Jun*, chissà dove cazzo sei. Ti sento vicina come Laika. Sacrificio immemore. Pare che in quel di Praga, nel XVIII secolo, una donna o un uomo, adesso mi sfugge il dettaglio, si sia innamorata/o di un vampiro e si sia a lui sacrificata/o. Mi pare adesso fosse un lui. Si è fatto prendere, si è spogliato delle luci e si è perso per sempre nelle costruzioni labirintiche mentali di quel nostalgico. Immagino il momento di perdizione. E lo tengo per me. Lo so, centra un cazzo,ma il viaggio è lungo e ti penso Jun*. Pensa a quell’atmosfera 700esca in quel di una Praga invernale e buia. Labbra viola e pelli bianche. Senso. Cazzo Jun*: perdonami.
Il sonno mi porta dopo Napoli. Sto salendo. Nuovi volti. Una donna cattiva. Un ragazzo cattivo. Manca qualcuno. Sale una musicista. Ciao. Ciao. Che strumento è? Violino. Figata. Che bella che sei. Mi ricordi qualcuno. Non saprei. Imbarazzo. Fai l’accademia. Sei di Salerno, ma vivi a Roma. Che bella che sei. Prendi sonno, giovane musicista. Ed io ti seguo, nel sonno. Lo accompagno, il sonno, con Alberto e famiglia. Dio ma dove sono? Perché questo effetto? Ma che mi manca? Mi si sciolgono le ossa e torni su Centrifuga, irriverente come sempre, Enik. E dura un attimo. E te ne vai. Meglio. Non ho voglia di te.
Campagne tricolori scorrono e si rincorrono. Riconosco qualche paesaggio. Mi trilla il tutto. Ciao. Ciao. Dove sei? Bho!?! Bene…sto per arrivare. Sicuro. Come va? Annoiato. Manchi. Ciao. Ciao.
Sento del movimento. Il viaggio si conclude. Cazzo, eterno!! Dove sei? In centro. Ci si trova a casa? No arrivo, aspettami, mi sto muovendo. Ok, a dopo. Sorrido. Eccomi finalmente. Domenica di rientri. Un circo. Domenica di partenze. Ma che ho messo nella borsa? Un cadavere? Idiota me. Ci sono. Aria di Roma. Sembra Jakarta! Dove stai? Ma cos’è sto casino? “C’è una manifestazione di extracomunitari”. Ah!. “Vogliono il permesso”. Capisco. “hanno bloccato la strada per termini”. Bene! Dove cazzo sei?? Heilààà!!!!
Sorella ti amo! Ho fatto un po’ tardi, era tutto bloccato. Tranquilla sono appena arrivato (falsissimo). Lui, bhe… è lui. Ciao. Sorrido. Non mi piace. Che si fa? Io vado. Ottimo. Noi? La strada è improponibile. Propongo metro. Vada per metro. Come va? Sto bene. Come sei bella Fè. I capelli si sono allungati. Gli occhi ti brillano. Sei molto pink. Sei molto donna. Elegante e sexy. Sei mia sorella, se ti toccano li smonto. Se ti fanno piangere, non basteranno mosse a placare la maestria di modi per staccare organi vitali. Sono felice e un po’ stanco. Policlinico. Si scende. E allora? Che hai fatto? Da quanto tempo non ci vediamo? Sarà Pasqua. Già…sei fatta bella, di più. Si lo so. Modesta come sempre. Sei mia sorella. Ti amo.
Sei sola? No c’è N. capisco. Domani va via. Ottimo. Ma cosa cazzo ho messo in borsa? Dio come pesa. Ti pesa la borsa? No! Sei un falso! Sei una stronza!
Ciao! Ciao! Tu sei il famoso Andrea…e già. Non sono presentabile e puzzo. Tranquilla, il viaggio non l’ho fatto nel sapone, ho anche io le mie vergogne. Che bello! Che bello! Che bello! (…?????) fè la tua amica mi sembra Pucca, o Pimpa. È umana? Che bello! Che bello! Che bello! Accertato:se è di razza umana è di raro interesse come soggetto. Mi è simpatica. Mi doccio.
La tua camera. È piena. Troneggiano foto e bambù. Ti ricordi? Un anno e tre mesi fa. Promette bene la piantina. Scatole ovunque, di ogni colore e forma. Messaggi e foto. Il puff: fantastico puff. Duro puff. 2 Winnie. Li odio. Lo odio. E foto. Tv, stereo, un altro winnie, che continuo ad odiare, fottuto mostro giallo sempre contento e minchione, cd e…foto. Libri, tenda, tappeto, biancheria, il mare, profumi e …foto: mi dicono del passato tuo e nostro. Sfianca vedere di Cefalù. Ammorba la 4 A del Pitagora. C’è del sangue che mostra cicatrici fresche. Il tuo scorre. Manca una foto dall’ultima volta. Ne manca più di una. Ma quella me la ricordo bene. C’è un diddle disegnato. Non dico niente.
Che si fa? Che ti va? Pizza? Andiamo giù? Viene Snorky? Non ti va? Nessun problema.
E il ricordo dei ravioli mi da turbinio. Pausa di estasi: buoni!! Tu prendi la carne. Lei la pizza. Il cameriere la odia. Un tizio lombrosiano di rara bruttezza. Lei si è avvelenata. L’odio reciproco ad occhiata iniziale mi commuove sempre. Grosse risate e lacrime di crudo.
Cammino per l’Ippocrate. Un ragazzo, un uomo, bacia una ragazza, una giovane. Sono felici. È relativamente tardi. Si guardano. Si fermano. Si trascinano in un portone e si baciano. Le ragazze che mi accompagnano sorridono soddisfatte, o invidiose. Io guardo la scena e penso ad Hikmet. Un filo illogico, bianche e neri, e l’amore sull’Ippocrate.
Ciao Fè. Sono stanco. Domani sono di Roma. E dormo in quel di Roma. La fantastica.
Buongiorno cara! Buongiorno caro! Che farai? Mi sento con Lo. Dove andrai? In centro. Ci vediamo dopo pranzo. Dobbiamo arrivare presto. I primi. Come no. Bellissima Fede, l’entusiasmo è ai minimi storici, ma arriverà, eccome se verrà.
Come lo prendi il cornetto? Io?bhe …vuoto. Sai che sei triste? Fanculo fè. Vado a termini. Vai all’uni. Ho da fare alla Scrofa. Dove sei? Alla Scrofa. Prego? Sto arrivando, aspettami al palazzo di giustizia. Lo riconosci, è facile, è tutto bianco. Ovviamente mi perdo e sperdo. Il bianco che noto è l’Ara Pacis, mi sento demente. Sbaglio ponte e svendo sguardi. Dio che caldo. Maledetta, dove sei? Mi siedo ai bordi di una vasca. Posso notare una chiesa, una suora di nero vestita con in mano un rosario di legno. Che scena antica. Che scena rivoluzionaria…c’è un funerale. Soliti fiori e corone. Ma il morto, che cazzo se ne fa? Io voglio solo palloncini per quel giorno, i colori in base all’età raggiunta quel giorno. Lo so neppure io me ne farò molto di quei palloncini, ma almeno non puzzano di morto. Una turista, mi piace pensare lituana, mi sorride e si ferma sulle scale. Penso di essere particolarmente turista quest’oggi. E mi piaccio un po’. Oh maldestra befana, dove sei? Svaporo docilmente. Non parlo e sono in attesa. La turista baltica mi è sfuggita. E finalmente ti vedo dall’altra parte della strada. Ciao cara! Sei una delle persone più strane che conosco. Mi piaci. E mi fai piangere dal ridere. Dove mi porti? Voglio vedere trastevere. Mi manca quella zona. Bene. Armati di caschi, in giro per Roma. Il tuo mezzo è sicuro. La tua guida non posso dire il contrario. Questa è santa maria in trastevere. Si entra. Tedeschi ovunque. Bella. Molto. L’ho studiata all’epoca del liceo. Si esce. Ti attirano dei pupetti che giocano in terra, non penso abbiano più di un anno. Ce n’è uno con degli occhi grandi e blu. “prenderà la lebbra!” come sei poetica e micidialmente acida. Sei quasi nuda. Te lo faccio notare. Non ti scomponi. Compro cartolina, per te Jun* e per Alfabel. Oh amica pingue, non mi piacciono le foto con i gatti, né i mercati traianei. Mi piacciono questa e questa. Jun* e Alfabel sanno quali. Mi porti sull’isola, ma prima prometti yogurt: puoi prendere tutta la frutta che vuoi…ehmmm…c’è tutta…ehmmm…fichi, pesche, albicocche…ehmmm…fragole, cocco, banane…ehmmm…mirtilli, pere, kiwi…ehmmm…lò? Si? Sono allergico alla frutta…lo prenderò, per cronaca, all’Oro ciock. Scendiamo sull’isola, mangiamo la kilata di yogurt. E la zona sa di piscio. E la zona sa di anni andati. C’è chi prende il sole, e chi prende lettura. Che stai facendo? Scrivo. Tu studi. Cerchi casa. Anche io. Mi piace parlare con te. Lo sai. E non ti dispiace parlare con me. Lo so. Penso all’aeroporto, fanculo che stronza. Colonia. Ancora ricordo con imbarazzo i freni del carrello…che fesso. Vai a lezione, mi lasci all’altare. Oggi napolitano diventa presidente alle 5. la via è bloccata. Ci rivediamo domani lò. Ok? Bacio.
Mi sparo via del Corso. Taglio e arrivo in Spagna. Sono le due. Caldo e gelati. Mi siedo e ho Roma negli occhi. Boy band e giapponesi. Spagnoli paciocchi e un bambino in lacrime. Mi viene voglia di abbatterlo fisicamente. Piange isterico e mi disturba. La madre sembra profondamente angosciata. Non è permesso alcuno sforzo di biasimo. Si deve stare zitto. La mamma lo accompagna via e già invoco “santa subito”. Mi fermo al sole. E mi svendo altri sguardi. Ti scrivo Jun*, perché ci sei sempre e poi qui risulti amplificata. Scrivo dell’altro e una dedica su un baricco fresco di feltrinelli. Mi sembra un angolo di dipinto. C’è un tizio che legge Suskind. Sembro io. Sono io. Mi stacco e distacco e mi osservo dalla rampa. Che ci faccio qui? Osservo il modo di impugnare la penna, il bracciale nero, la maglia verde, gli occhi verdi, penna a sfera. Che bello che è.
Mi lascio al fashion e compro cK.
Torno da Fede. Pronti per Carmen. Doccia. Cambio. E letto momentaneo. L’Eur è in culo all’Eritrea. Ohi l’entusiasmo??? Arriva, arriva…ma facciamo quella scalinata lunghissima??? Si arriviamo prima….idea del cazzo. Prendiamo il Pala nel culo. Le file sono almeno sette. Ci buttiamo in zona parterre. È tipo un pride nel frattempo. Ovunque. Tu vuoi andare alla sbarra. Non ce la faremo. Ti fanno togliere il tappo dalla bottiglia. Tappo di merda. Entriamo. Siamo vicinissimi ma non come vuoi. Sbuffi e vuoi il gelato. Sei un po’ nello scazzo. Qui scatta la genialata. Ti siedi e scordi la bottiglia, senza tappo. Una pozza umida. Non ti imbarazzi né scomponi. Con classe ti siedi sulla pozza e dici di stare fresca. Crei scompiglio nei vicini, ma crei per due ore una piccola bolla d’aria. Ti sono grato. Inizia. Un gruppo che già invoco e imploro canta una prima canzone che mi dà sostegno e giubilo incondizionato. Dopo la prima li odio di brutto e invoco mali perenni alla loro prole. Tu li maledici. Esce Carmen. E il resto e nostro.
All’uscita svendo i miei sguardi. Ancora e ti incazzi un po’. Ci sono due troppo divertenti. Lei cessa ed enorme. Lui figo e triste. Una macchina li sta per ammazzare. Ridiamo delle tragedie altrui. La macchina non li ammazza. E adesso altra sensazione di vuoto celebrale: il ritorno in mingazzini. Bus notturno. 250 cristi sanguinanti e con i chiodi smunti che salgono. Io e te ci troviamo un buon posto. Che risate. Un polacco o uno slavo con la tipa ci sono praticamente attaccati al culo. Le posrte se si aprono mi smontano la clavicola. Passiamo dal colosseo. Vorrei fermarmi, tu acida mi dici di no. Fanculo. Arriviamo a termini. L’ebete dell’autista mi apre come minacciato la clavicola. Ho gridato ai natali della madre e alle sua corna. Mi piego dal dolore. Mi chiedi sulla salute e risaliamo. Mingazzini non è troppo distante. Finalmente si chiude la giornata. Ma prima maledizioni ai tuoi sms notturni. Povero idiota. Tu sai chi.

Fino all’ultimo” si perdeva nelle sensazioni delle ore prima, per tutta quella notte fatta di luci, ovunque, gialle e blu, sull’acqua dell’eur e sull’anfiteatro, nel bar che cazzo mi hai fatto evitare alle macchine che dall’altro lato della strada ci suonavano contro, fenomeno circense ancora energico.
La mattina è del “signor tentenna”, omaggio incondizionato alla serata di acqua in occhi e la sensazione è quella di festa, attesa di un regalo. Oggi si incontra qualcuno. non so se riesci ad immaginare. Colazione di bar. Per me doppia, fame blu. Passo affrettato verso città mia futura, universitaria e afosa. Lo sguardo dietro il nero della maschera segue “Private Hell”, chiedo informazioni ad una ragazza bionda, non ha idea di cosa le stia chiedendo. Demoralizzato mi sperdo. Certo che un inferno tutto mio, geniale…ma dove cazzo stai? Non ti si trova, non mi ti trovo. Eccoti, finalmente, sei diverso, cazzo, sei più alto (sono più basso merda) e stai bene, sei accaldato, noto borsa, maglia, scarpe, hai gli okkiali, mi sfugge sguardo, non perdo l’imbarazzo. Cambio musica mi parte un misto di radiohead che nn potrei giustificare. Come stai?bene e tu? Stanco. La voce? A fanculo. Un tè di raro schifo accompagna le prime battute. Francesco? Mari? Il viaggio? Roma?Sporca. Meta prossima il centro dell’Urbe. Fantastica Feltrinelli. Mi fiondo per monografia Sigur. Non c’è. Non ci credo. E mi partono gli Afterhours più cattivi. Tu hai trovato il necessario. Fede la dirotto sul Tondelli di cui già. Compra anche la ragazza dello sputnik. Tra tre giorni mi ringrazierà. Tu non so cosa cazzo hai. Sembri strano, si ci stà, ma mi fa sentire inappropriato. Dove vogliamo andare? Pantheon?Trevi? andiamo al pantheon nn l’ho mai visto, solo disegnato. Ok vi ci porto io. Pausa pizza al peso. Buona. Giro per strade secondarie. Ti guardo con in testa un momento di stasi Mogwai. Mi dispiace, sai. Di tutto. Nn sei tu oggi. Lo sai. Me lo farai capire. Ecco il pantheon, riconoscibile dalla puzza del terribile mc donald di fronte più che dall’americano zaro in infradito e cono d’ordinanza. Si entra? Certo. Volete andare all’opera domani sera? Si fanculo, io domani sono giù. Dentro è meno caldo. Cazzo sembri un bimbo. Nn so qnt volte ci sn entrato. Con te è cm per la prima volta. Perché nn piove dentro? E che ne so kiedi all’artista. Perché nn piove dentro? Nn lo so. Stikazzi. Dove andiamo? Mi sento bandabardò, uno due tre stella e vi porto a trevi. Si ok, non me lo avete chiesto ma voglio arrivarci io. Via delle vergine e delle zoccolette. Risate di infanti. Eccola. Fantastica. La amo. Per me è roma tutta. Ci sediamo. Fede fa la turista. Legge storie di sputnik. Come stai?bene. dai cazzo dimmi come stai. Mi diverto con voi. Sei giù. No. Ok. Che farai? ….
Ho sete e mi gira la testa. Un tizio mi guarda. Mi ha fatto l’occhiolino. Non te ne sei accorto. Rido. Ma nn te ne sei accorto. Ah magica roma, magica trevi. Prendo da bere. Fede vuole gelato. Mangia troppo sta ragazza. Vuoi il gelato? No. Ok.
Barberini è lontanissima. Giapponesi in fila. Tedeschi in gonnella. Magica roma.
È un rincorrersi di musiche in qst momento. Tutta quella tua. Chissa qnd ci rivedremo. Chissà che faremo, che farai. Cazzo ma io devo prendere il treno. Che palle. Policlinico. Via mingazzini. O devi prendere il bus in via regina margherita, hai capito? Si. Ti perderai, ne sn quasi certo. Vorrei abbracciarti. Così. E basta. Ti abbraccio. Anto, fai il bravo, prenditi cura dite, non sei solo, quando vuoi ci sn sempre, se hai bisogno di qlsiasi cosa, nn pensarci troppo e kiama, anto cazzo ti voglio bene, mi hai capito si o no? Sei proprio uno stronzo fottuto col cervello bruciato, ti voglio bene. Ma non te le dico qst cose.
Ciao. Ciao.
Alla prossima allora. Ok. Alla prossima.
E te ne vai. E me ne salgo.
Borsone pronto. Mi cambio. Sono triste. E si vede.
Fermata bus. Bus. Stazione treni. Treno.
Parto
E sono triste.
Sn triste e si vede.

A presto roma tutta. Grazie fantasmi amici.

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