martedì 12 settembre 2006

La Dama Bianca


Prova a seguirmi adesso. Non ti perdere, sta attento. Ti soffio il racconto di una notte.
Riesci ad immaginare un abbraccio mentale di musica e stupore? Fuochi e piogge? Anime e spettri? Ecco, il mondo come lo avevamo sempre rincorso e rivisitato ha preso forma…tutto in quella notte. Cammino spinto dalla musica e mi perdo. E mi sento vivo.
La danzante rincorsa dal poeta che trova salvezza sotto una pioggia lunare; animo e commento privato, scheggiato da una lacrima nera di poeta, sfiancato da bellezza umana ed effimera. Congiura e sciagura dell’essere per così breve tratto vivo, e si sofferente. Una pioggia stellare che rincuora corpo triste e stanco. E ancora quella lacrima nera che riga il volto malato e bianco dell’innamorato andato, vittima della sua creatura mutilata di immortalità, pronta al martirio vertiginoso in cambio di una carezza lacrimevole di un cielo illuminato a festa, in una notte d’estate che volge le sue spalle al vento fresco di un settembre nuovo e quasi passato.
Il rabbino vecchio e storpio che addita la città di Praga, santa e diabolica, dalle mura di una rovina nuova e perfetta nella sua rovinosa decadenza. Una magia di tempi passati che riempie lo sguardo di decenze sconcertanti e pensieri che ti alienano al di fuori di ogni possibile e plausibile concezione. Deliri di alchimisti che si inseguono nelle viuzze nere e sacre sotto lo sguardo attento e avvilente di Rodolfo II. Inventori di nuvole operanti trasfigurazioni e cambiamenti delle forme del mondo, attraverso un gesto di pittura, attraverso il suono di una poesia, per mezzo di elaborazioni della parola di maghi e ciarlatani. Spiriti richiamati dall’arte all’arte. L’antica Zatla Ulicka negli occhi per ri-entrare in uno sconcerto di simbiotiche emozioni, appartenenti ad un medioevo di sensi e certezze ultime.
Il funambolo altalenante, capace di toccare le stelle per raggiungere la sua preziosa creatura bianca. La salita obliqua di un corpo piccolo verso il cielo grande e buio. Una rincorsa che lo porta a rivivere un volo che non si saprà mai gestire dal basso stabile e lontano. Le ali che vedi, che non hanno, che mancano, per la consapevolezza del salto liberatorio. Una creatura bianca, lunghi capelli, neri notte, che sale sul funambolo per pace ricevuta, soffia un desiderio lontano a mò di segreto storico d’avventura, salta e sembra volare sulle nostre teste che incredule aspettano il mattino per risveglio sereno e consapevole. Una voce che narra il dolore del funambolo altalenante pronto a raggiungere la luna e il cielo per la sua amata, sempre, creatura bianca. Il volo liberatorio e gli occhi che chiudendosi regalano un sorriso atto ad un buon senso andato.
Un volto nero, di donna giovane e forte. Una archeologia industriale le regala lo sfondo così idoneo alla sua immagine. Colori che si rintracciano lungo un filo di speranze metalliche e che la inquadrano in un contesto di arte impopolare. Sorride di un sorriso che esce misterioso più della volontà impressa. La addito, stupito di un gioco così riuscito. Illuminata di rosso alveare guarda i passanti nella loro dinamicità, e il suo sorriso regala un moto di stizza per la sua staticità. Sembra dare un benvenuto inquietante la donna nera illuminata di rosso, sorride di colori impropri e decido di proseguire noncurante delle sue forme. Passa un lui, distratto dalla polvere e mi perdo in occhi che regalano tutt’altro. Sorridiamo e lasciamo la donna nera illuminata di rosso, a quanti ancora si ritrovano e si riperdono nei suoi trascorsi andati.

Una città in forme e colori. La musica continua a trascinarmi in contesti alieni ed esaltanti. Amo la gente che non odio. Ed è riprova il mio essere qui in attesa del volo ponderato. Si parla di eresia, nel cuore dell’ignorante. Si parla di eresia, nella mente del malato. Tutto questo brilla di scioltezza, e mi sento libero. Mi sento vivo. Non sono morto, e adesso rincorrendo una dama bianca lungo le ore di una santa notte mi ritrovo a respirare e sentirmi, dire, eccomi ci sono. Raggiungere un equilibrio in-stabile che mi faccia battere il polso e ribollir il sangue, sentir battere le tempie al ritmo di un rinascimento. Tutto quanto quello che si andavo dicendo, e cercando, e sognando, in notti di tristezze primaverili, di caldi e giorni, adesso rivive, lungo il sentiero, percorso dalla mia dama, amata ed incantata, capace di sforzo impresso nel cervello, capace di vita e degna di sospiro finale.
Non è eresia parlare e vivere di arte. È questione di degenza capace di offuscare. Togli bende, solo se vuoi. Riaggancia i sensi, trovali e proteggili. È il continuo divenire che la dama, nella sua danza mostra con eleganza e volontà.

Ed è respiro breve. La notte è solo iniziata.
Si danza, come tutti i figli di Dio sono soliti fare.
Si danza, si respira. Consapevolezza di Libertà e Vita.

Consapevolezza di Arte e Vita.

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